Regia di Giuseppe Capotondi vedi scheda film
La doppia ora a cosa corrisponde? Esprimete un desiderio o una spiegazione. Insomma, durante la double hour scatta qualcosa e poi vi sarà, a letto, la doppietta. Ma non vi è due senza tre e spunta un uomo di troppo. Chi se lo prenderà in quel posto?
Ebbene (ci piace usare, perdonateci, questo tono-intestazione confidenziale, amici cinefili e sofisticati), stavolta, per i nostri Racconti di Cinema, abbiamo optato per un bel film italiano, ampiamente, a nostro avviso, sottovalutato e non abbastanza citato, ahinoi, in verità alquanto dimenticato, ovvero La doppia ora. Firmato e filmato dall’esordiente Giuseppe Capotondi, La doppia ora è una pellicola della durata, breve ma tesa e appassionante, di circa un’ora e mezza, per l’esattezza di novantacinque minuti, sceneggiata dal trio composto da Alessandro Fabbri, Ludovica Rampoldi & Stefano Sardo a partire da un loro stesso personalissimo e originale soggetto. Aggiungiamo noi, interessante e molto intrigante, ottimamente poi diretto e congegnato, così come poi, nella nostra seguente disamina, v’esplicheremo più dettagliatamente, dal succitato Capotondi, qui assai ispirato.
Purtroppo però, a differenza notevolmente di quanto da noi appena poc’anzi dettovi e più avanti rimarcato, La doppia ora fu tiepidamente accolto, anzi, invero fu molto fischiato alla 66ª Mostra internazionale d’arte cinematografica di Venezia in cui concorse per il Leone d’oro, e la Critica, ai tempi della sua anteprima e presentazione mondiali, non ne rimase affatto entusiasta. Tanto per essere solamente eufemistici. La doppia ora entrò un po’ a sorpresa in Concorso (rarissimo, infatti, che un’opera d’esordio entri in tale ambita categoria dalla porta principale) ma non destò buona impressione affatto. Ciononostante, l’interpretazione della sua co-protagonista, ovvero la russa e affascinante, bellissima Ksenia Rappoport fu molto lodata. La quale, per tale sua prova recitativa offertaci nel film qui da noi preso in analisi, sofferta, intensa e sentita, fu premiata con la prestigiosa Coppa Volpi. Parimenti alla sua acclamazione, anche la performance del suo compagno di set, cioè Filippo Timi, colpì particolarmente e venne conseguentemente molto applaudita.
La doppia ora, malgrado ciò e qualche inevitabile, sciocca polemica per la vittoria della Rappoport, per alcuni infatti immeritata, come già da noi espresso, fu contestato e non poco snobbato.
Questa, a grandi linee, la sua trama. E forse, in tale storia torbida e maliarda, qualcuno o qualcuna, qualcosa di losco e sleale, malignamente tramò e, probabilmente, entrambi i personaggi principali mentirono a vicenda o soltanto uno di loro, segretamente e viscidamente, celò all’altro un segreto misterioso e oscuro, forse il suo piano criminoso? Ma non vogliamo svelarvi troppo le carte e compiere spoiler fuori luogo:
Sonia (Rappoport), cameriera d’albergo originaria della Lubania, e Guido (Timi), ex sbirro, un tipo all’apparenza inquietante e rude, dall’aspetto poco raccomandabile, fanno la loro piacevole conoscenza a uno speed date. Fra loro scatta immediatamente il colpo di fulmine da capogiro. Dunque, dopo aver presto amoreggiato sessualmente, pare che siano innamorati follemente, tanto da voler assieme trascorrere un romantico fine settimana in campagna. Ma accade una rapina, forse Guido è morto e spunta un terzo incomodo. Per caso? Chi è costui?
A onore del vero, solamente e paradossalmente, solamente in Italia, La doppia ora fu stroncato quasi unanimemente. Infatti, sul sito aggregatore di medie recensorie, metacritic.com, The Double Hour (questo il suo titolo internazionalizzato per il mercato estero), riscontra a tutt’oggi un più che lusinghiero 73% corposo e netto di pareri molto favorevoli. La doppia ora, a dispetto del suo impianto da fiction, in alcuni suoi passaggi prevedibili e, potremmo dire, effettistici, colpisce e non sono pochi invece i suoi pregi. Vi abbiamo visto, rivedendolo, echi perfino del miglior Dario Argento. E la confezione è di valente pregio. Avvalendosi perfino di un direttore della fotografia di primissima qualità qual è Tat Radcliffe (Cocaine - La vera storia di White Boy Rick). Kseniya Rappoport, dopo il bel La sconosciuta di Giuseppe Tornatore del 2006, azzeccò un altro ruolo ragguardevole. Stessa cosa dicasi per Timi che, in quegli anni, spopolò. E, dopo un periodo di appannamento, sembra stia tornando finalmente alla grande.
Curiosità: qui, la Rappoport, così come da noi scritto, viene accreditata Ksenia nei titoli di testa. Parimenti a molti film con lei interprete.
Ma il suo nome intero di battesimo è Ksenija Aleksandrovna Rappoport.
E oramai, in tutte le pellicole recenti, appare come Kseniya Rappoport.
di Stefano Falotico
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