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Soul Kitchen

Regia di Fatih Akin vedi scheda film

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La recensione su Soul Kitchen

di Peppe Comune
7 stelle

Zinos Kazantsakis (Adam Bousdoukos) è il proprietario del Soul Kitchen, un ristorante situato alla periferia della città di Amburgo e dove si servono quaranta pietanze "tutte con lo stesso sapore". Questo però non sembra essere un problema per gli affezionati avventori del locale, soprattutto per lo sboccato marinaio Sokrates (Demir Gokgol) e neanche per Lucia (Anna Bederke) e Lutz (Lukas Gregorowicz), gli "storici" e fidati camerieri. Per Zinos i problemi sono altri e, per uno strano scherzo del destino, sembrano presentarsi tutti insieme e in un lasso di tempo ridottissimo. La sua fidanzata, la bella e ricca Nadine (Pheline Roggan), si trasferisce per lavoro a Shangai e lo intima di raggiungerla. Un ernia del disco gli impedisce di lavorare così si vede costretto ad assumere un nuovo cuoco. La scelta ricade su Shayn (Birol Unel), uno chef tanto talentuoso quanto bizzarro, un provetto lanciatore di coltelli che risulterà essere la sua ancora di salvezza. Poi c'è il fratello galeotto, Illais (Moritz Bleibtreu), che gli chiede di essere assunto al ristorante per potere ottenere i permessi per uscire dal carcere. Come se non bastasse, gli ispettori delle tasse arrivano per pretendere vecchie pendenze e quelli dell'igiene minacciano di fargli chiudere il locale se entro un mese non l'avrà messo a posto secondo i criteri normativi vigenti.

Fatih Akin approda alla commedia brillante e lo fa con l'intelligenza di chi intende parlare delle solite cose ma farlo questa volta in modo leggero, virando decisamente verso la divertita rappresentazione di una vita in stato di sfratto e con l'ausilio di due catalizzatori di sano benessere come solo la buona cucina e la buona musica sanno essere. I tratti tipici della sua poetica sono ben presenti (il multiculturalismo, la stratificazione interetnica della società occidentale, l'emancipazione sociale degli "oriundi", la tendenza a guardare sempre alla terra d'origine pur se si è nati e cresciuti in Germania), ma per "Soul Kitchen" smettono il tono serio dell'approfondita analisi d'autore e si vestono di allegria per mostrare il modo ironico e dissacratorio in cui pure può essere affrontata un'esistenza irta di difficoltà. Traspare l'amore per la musica e quello per il cibo, assi portanti di una sarabanda di suoni e colori multiformi, anelli di congiunzione di una umanità varia per lo più dedita al gusto dei semplici piaceri della vita (la musica e il cibo appunto) e al piacere di considerare il semplice stare insieme come il modo migliore per dare gusto all'esistenza. Si ride di gusto in più di una scena (su tutte quella in cui Zinos va da Kemal lo "Spaccaossa") e perchè è un film che scorre via che è un piacere senza annoiare mai, gli si perdona volentieri qualche eccesso di manierismo e un finale troppo lieto per poter essere ragionevolmente credibile. Vitalismo allo stato puro.

 

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