Regia di Fatih Akin vedi scheda film
Cucina dell’anima, Soul Kitchen nella Germania (Amburgo per la precisione) di Fatih Akin è il ristorante del giovane Zinos che diventa l’ombelico del mondo, luogo di aggregazione e scontri, crogiuolo di etnie e individualità forgiate dalla propria esclusiva cultura.
Il regista che accaparra premi ovunque presenti un suo film (Gran Premio della Giuria stavolta, in laguna) si concede una digressione leggera, dirigendo una commedia tutto sommato semplice nella sua struttura lineare e inevitabilmente indirizzata verso il lieto fine ma sempre con un occhio di riguardo rivolto alla società, all’integrazione, al ruolo dell’individuo inserito in un sistema non disposto a tollerare cani sciolti dalla personalità indipendente e non omologata.
Benché il cuoco – artista – inflessibile ricordi molto l’ossessione per la cucina e la tradizione culturale che trasmette attraverso il cibo propria di Stanley Tucci nel bel film Big Night, in Soul Kitchen il cibo ha una rilevanza tutto sommato minore, non c’è nessun timballo da attendere con trepidazione, piuttosto l’attenzione è rivolta all’atmosfera che si crea e al significato che il ristorante assume per i clienti, il tutto “condito” da una colonna sonora strepitosa articolata tra R’n’B, Soul, Blues, Hip hop insieme a musica tradizionale greca, la musica dell’anima che anima un luogo deputato all’anima.
In Soul Kitchen si ride, a volte di “gusto”, battute argute affiancano sboccatezze volgari che tirano alla risata grassa così come le situazioni assumono alternativamente caratteristiche slapstick quanto da raffinata commedia sentimentale.
Cambi di registri sorprendenti e inaspettati sospesi in equilibrio miracoloso dalla regia sontuosa di Akin i cui movimenti di macchina sembrano seguire il groove di un film costruito intorno ad un cuore musicale irresistibile.
Spiccano tutti gli attori, tutte facce da schiaffi di contagiosa simpatia, tra cui Moritz Bleibtreu uno dei migliori attori tedeschi contemporanei nella parte di Illias, fratello scapestrato di Zinos, già visto ne Le particelle elementari e un cammeo per palati fini: Udo Kier, re del cinema di genere di troppi anni fa.
Soul Kitchen è un gioiello di film, che parla di sé già nella grafica del manifesto, con l’insegna del locale dal logo alla blaxploitation musicale anni ’70 e che finisce con i titoli di coda più belli degli ultimi anni. Imperdibile.
Non ci sono commenti.
Ultimi commenti Segui questa conversazione
Commenta