Regia di Richard Kelly vedi scheda film
Sono solito compilare queste mie recensioni al massimo entro due o tre giorni dalle visioni dei film, anche per non perdere la memoria di taluni dettagli. Ma stavolta non c'era verso. E infatti questa pellicola staziona da circa un mese nella top ten, ma io, pur risalendo la mia visione alla sera stessa della data ufficiale d'uscita in sala, ho accusato come una specie di blocco che mi ha impedito di mettere in fila le parole adatte, nonostante ripetuti tentativi le parole non mi venivano. D'altra parte non è la prima volta che quando un film mi prende particolarmente bene, mi scatta un meccanismo emozionale tale da impedirmi ogni approccio con la parola scritta. Nel caso specifico poi, la cosa potrà risultare a qualcuno singolare, se si considera che l'accoglienza che la critica ha riservato al prodotto è stata molto tiepida, poche stroncature ma tanti giudizi improntati alla cautela e al dubbio. Io invece sono stato letteralmente conquistato, senza riserve, da questa pellicola che ho trovato dotata di un fascino fuori dall'ordinario. Di questo film mi è piaciuto tutto. Ma proprio tutto. La prestazione di un cast formidabile. Una regìa intelligente e ricercata. Una sceneggiatura avvincente. Una colonna sonora raffinata e suggestiva (a cui ha contribuito peraltro uno dei gruppi indipendenti più celebri, gli Arcade Fire). Una vicenda inquietante ma proiettata nella realtà quotidiana di una comune famiglia americana. Ma la carta vincente è l'atmosfera che pervade tutta la messa in scena, unita allo sfondo ambientale e temporale dell'opera. Siamo nel 1976, l'ambiente è la tranquilla cittadina di Richmond, nei dintorni della quale sono collocati gli edifici della NASA, l'ente spaziale americano che proprio in quei giorni stava alacremente lavorando ad un progetto di esplorazione del pianeta Marte, che si concretizza di fatto nell' operazione "Viking". Che poi lo sguardo è talmente catturato da certe immagini da perdere il senso della realtà, nel senso che lo spettatore non ragiona più se quegli edifici e quegli esperimenti attengono ad un immaginario fantascientifico oppure se la NASA abbia davvero a suo tempo realizzato certi esperimenti volti ad indagare su pianeti remoti. Si rileva da subito un ritmo narrativo che si prende i suoi tempi, senza, per gran parte della visione, cercare facili colpi di scena o snodi clamorosi. E va da sè che lo spettatore che non si piega complice dell'incedere lento, rischia seriamente di annoiarsi. Sì, perchè in questo sci-fi thriller non c'è assolutamente nulla di spettacolare, qui quello che conta è l'atmosfera generale in cui tutta la storia è calata e che è dominata da un elemento su tutti: un evidente spirito Vintage che è poi la cifra stilistica che caratterizza tutto il film. Personalmente adoro tutte quelle opere in cui tale senso Vintage è presente. E qui infatti lo spettatore viene completamente calato negli anni 70, ricostruiti non solo esteticamente, ma anche da un punto di vista psicologico, sociale, storico, scientifico. Numerosi peraltro gli inserti di programmi televisivi dell'epoca e i riferimenti agli esperimenti spaziali portati avanti dallo staff della NASA. E a quest'ultimo proposito, occorre dire che a livello di scenografie si è compiuto un piccolo miracolo: certi ambienti, certi interni, certe inquadrature esterne degli edifici della NASA, sono rappresentati secondo canoni visivi che producono nello spettatore un clamoroso effetto di profonda inquietudine, come una specie di malessere che si fa largo fino a diventare quasi ansiogeno. E l'esempio in questo senso più suggestivo è quello di una misteriosissima stanza che fa da quartier generale a Frank Langella, una specie di grande scatola trasparente che genera un effetto quasi surreale. Ma, al di là di queste inquietanti suggestioni, non dobbiamo dimenticare che al centro di tutto c'è una famiglia che è la quintessenza della normalità, bravissime persone, che però vengono a contatto con una novità allucinante. Ecco, io direi che la scelta vincente è stata quella di esprimere il forte contrasto tra quella coppia, così umana, vulnerabile, affettuosa, e, dall'altro versante, un'entità misteriosa, soprannaturale, insondabile, ma anche potente nel proprio rigore malefico, evidenziando il senso di impotenza di due esseri umani di fronte a qualcosa di inafferrabile troppo più grande di loro per poterlo affrontare. E a sottolineare questo senso di vulnerabilità, c'è un dettaglio geniale: la protagonista, in seguito ad un incidente da piccola, ha una menomazione ad un piede, particolare quest'ultimo che nel film assume un certo rilievo, soprattutto per i riflessi psicologici con cui viene rappresentato. Ho notato che la critica più ricorrente tra i detrattori, verte su una eccessiva proposta di situazioni e personaggi bizzarri a cui non viene poi data adeguata collocazione logica in ambito narrativo. In altri termini troppa carne al fuoco, troppi elementi destabilizzanti che non hanno idonea evoluzione, troppe domande senza risposte. Legittimo interpretare ciò come "errori imperdonabili di sceneggiatura", ma io la vedo un pò diversamente. Credo cioè sia stata prerogativa degli autori, e dunque scientemente voluta, quella di disseminare continuamente elementi inquietanti senza che questi implichino necessariamente una risposta logica o un senso preciso. Una coppia di persone molto ordinarie e "per bene" viene prescelta da un misterioso personaggio (sedicente dipendente di una ancor più misteriosa organizzazione) come target ideale per una proposta "commerciale" piuttosto inconsueta. Alla coppia viene consegnata una scatola di legno dotata di un pulsante. Se quel bottone verrà premuto nel giro di 24 ore, da qualche parte nel mondo una persona cesserà di vivere e i due protagonisti diventeranno ricchissimi (una sorta di patto col diavolo...) Tutta la fase iniziale del film è riservata al serrato dibattito famigliare tra i due, estremamente indecisi se accettare o rifiutare la proposta. Preferisco fermarmi qua con la trama, che poi evolverà in modo doloroso fino ad un finale altamente drammatico. E adesso veniamo ai tre magnifici attori protagonisti. James Marsden è un giovane attore in costante ascesa. Io ne feci la conoscenza in una favoletta disneyana dove interpretava un principe azzurro ("Come d'incanto") e qui è praticamente perfetto nei panni di questo marito innamoratissimo "travolto da un insolito destino". Cameron Diaz si sta rivelando ad ogni film sempre più sorprendente. Qui si mette completamente in gioco in un ruolo difficile e ricco di sfumature emotive: una donna coraggiosa ma condizionata da un handicap fisico che la mette continuamente alla prova. Provate a mettere a confronto "questa" Diaz con la scatenata protagonista del prossimo action con Tom Cruise, o anche con la tenera madre di una bambina malata di cancro nello straziante "La custode di mia sorella"...e converrete con me quanto questa ex "bella-bionda" sia diventata un'attrice eccellente. E, per finire, un autentico monumento all'Arte della Recitazione. Un sontuoso Frank Langella. Uno dei più grandi attori viventi, senza Se e senza Ma. Per me che prediligo un cinema d'attori, è addirittura eccitante osservarlo recitare. Sorvoliamo per questa volta sul suo glorioso passato (da un celebre "Dracula" fino ad un "Nixon" assolutamente strepitoso), per concentrare l'attenzione su questo incredibile nuovo personaggio, quest'uomo deturpato da un fulmine e con una missione da compiere. Una performance, la sua, di un virtuosismo altissimo. Mentre enuncia pacatamente ai due coniugi le opzioni previste dal "contratto" mostra un atteggiamento del viso davvero impagabile, con una luce negli occhi che esprime un'intensità che solo i più Grandi possiedono. Qui siamo ai livelli di un Sir Laurence Olivier, i più alti. Il film sta incassando bene e staziona ancora nella nostra top ten: prima che venga scalzato (molto presto lo sarà) dalle imminenti uscite della nuova stagione, non lasciatevelo sfuggire. Due ultimissime cose. Nella mia foga "da fan", ho tralasciato due nomi fondamentali. Richard Kelly, giovane regista che coi suoi due precedenti film era già diventato "un caso a parte". E soprattutto un genio assoluto della scrittura, uno dei più grandi autori americani di cinema e tv, quel Richard Matheson a cui dobbiamo i migliori episodi della gloriosa serie (da me amatissima!!) "Ai Confini della Realtà".
Voto: 9/10
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