Regia di Albert Hughes, Allen Hughes vedi scheda film
Splendido film post-atomico (ma non solo) dei fratelli Hughes che si riaffacciano sul pianeta cinema dopo ben nove anni d'assenza ("Jack lo squartatore" con Johnny Depp, buon film) e lo fanno in maniera eccellente. Chi ha rinunciato alla visione reso perplesso da un trailer in buona parte ingannevole, spero possa ricredersi leggendo quanto sto per scrivere. L'estetica da pellicola del "dopo-bomba" fa pensare ad una sorta di Mad Max disseminato di esplosioni di violenza. Non che l'azione e le sequenze esagitate manchino, però qui la direzione va da un'altra parte, e sono molteplici gli elementi che rendono questa pellicola originale e dotata di una propria personalità che trae linfa da un afflato spirituale di fondo che la nobilita e le conferisce emozione. Tutto sommato, dunque, per essere un fanta-action, scazzottate e sparatorie bisogna dire che finiscono in secondo piano rispetto ad un clima generale dolente ed ispirato ad una insinuante vena malinconica. Il fascino del film sta infatti nel "senso" attribuito alla missione "superiore" che anima le mosse di un ispiratissimo Denzel Washington, in gran forma nel ruolo di un pellegrino solitario che attraversa migliaia di kilometri a piedi, sfidando ogni avversità e ogni manifestazione umana del Male, con uno zaino sulle spalle che contiene un segreto magico e sublime. Chi mi conosce sa quanto io sia infastidito da quei film che esibiscono derive new age, mistiche o religiose (e su questo ho fatto una lunga riflessione recensendo il magnifico "Amabili resti", esaltato dal suggestivo sguardo laico di Peter Jackson su tematiche solitamente affidate alle speculazioni religiose). Dico questo perchè il modo dei fratelli Hughes di affrontare una deriva religiosa (cristiana) mi ha convinto senza riserve. Durante tutto il film gli Hughes ci mostrano un velo di spiritualità che avvolge l'azione del protagonista, ma dosandola con sapienza, senza eccedere e mantenendola sullo sfondo. E qui si potrebbe aprire una parentesi per dire come questa non sia una novità in un ambito di cinema di genere. E' consuetudine infatti accostare le pellicole del filone cosiddetto "post-apocalittico" al western, e il nostro caso non fa certo eccezione: ebbene, mi viene in mente, con riferimento particolare a molti western italiani, quanto frequenti fossero le figure di eroi-pistoleri animati da una vena religiosa (benchè sovente ironica), spesso caballeri solitari col poncho e il cappellone, e con in una mano la pistola e nell'altra la Bibbia o il Vangelo. Detto ciò, bisogna aggiungere che l'impronta ferma ed incrollabile che caratterizza la moralità di Denzel Washington è molto ben delineata in sede di sceneggiatura, credibile e coerente anche per chi come me diffida da chi (ma, ripeto, non è questo il caso) vorrebbe affidare a suggestioni mistiche il messaggio di un film. E voglio essere ancora più preciso. Quel finale emozionante, in cui Washington porta a compimento la sua missione e riesce a vedere realizzato il proprio sogno, affinchè il senso universale di quel Libro Sacro possa illuminare il futuro di un mondo migliore uscito da un buio medievale, quel finale -dicevo- può anche essere giudicato (in modo -lo ammetto- un pò ardito) in una sua valenza laica, vale a dire l'Uomo testimone di un'epoca che sta per concludersi che riesce nel sublime progetto di TRAMANDARE, attraverso la fascinazione della parola scritta, la CULTURA alla generazione che verrà, ed è segnatamente una Cultura di Pace, Sapienza e Umanità. E strumento di questo messaggio è il Libro dei Libri, quello che compendia le Supreme Leggi Morali, destinate ad essere faro e guida per il cammino di rinascita di un Uomo Nuovo. Dunque qui sta il punto, il film è animato da una vena appassionatamente morale (certo, anche spirituale) senza però mai assumere toni fastidiosamente mistici e men che meno (come qualcuno ha invece sostenuto) "new age". E tutto questo senza mai abbandonare il carattere di action movie e di fascinoso western post-atomico, peraltro illustrato da scenari più che mai suggestivi di strade senza fine, dove si respirano polvere e sudore, accompagnati da sensazioni di morte e percezioni di estrema solitudine. E prima di affrontare un cast molto valido, vorrei segnalare una frase che mi ha colto di sorpresa e dunque nel volgere di pochi secondi mi ha prima stupito e poi esaltato. Ad un certo punto Denzel dice una frase delle sue, un pò tra il saggio e il profetico, e la ragazza che nel film gli è compagna di avventure gli chiede se per caso lui l'abbia tratta dal "Libro Sacro", al che lui risponde: "No, è di Johnny Cash, da "Live in Folsom Prison". Grande!!. Vorrei chiarire per quei pochi (spero nessuno!) che ignorano chi sia il nome che ho appena citato, che si tratta del più LEGGENDARIO e superlativo cantante rock-folk-country che la storia della musica americana possa annoverare, un autentico mito di "loser" maledetto, struggente e senza compromessi. Cominciamo da Denzel Washington, e qui taglio corto, in una delle sue migliori interpretazioni (qualcuno ha azzardato "la migliore"), e teniamo conto che ha anche co-prodotto il film. Gary Oldman anche qui, come altrove, dà il meglio di sè dovendo affrontare un classico ruolo da psicopatico. Lui è qua un uomo dannato e preda dei suoi incubi, condannato da un'avidità ed un egoismo che lo condurranno alla distruzione di sè. Oldman è il consueto istrione, la solita "maschera" la cui bravura nemmeno ci sorprende più. A questo punto, piccola parentesi per l'unica nota negativa del film, l'attrice (attrice??) Mila Kunis la quale in cotanto cast ci fa davvero una pessima figura, la poverina. E dire che il suo è un ruolo da protagonista, rovinato dalla sua imbarazzante inespressività, nonchè da tutto un modo di muoversi: eddài, su, non mi puoi camminare nel deserto ancheggiando come fossi sulla passerella di una sfilata di moda!!! Un'attrice INUTILE. Chi legge questi miei scritti (chiamateli pure deliri, che non c'è problema) sa quanto io mi possa affezionare a certi attori, coltivando dunque un'ammirazione molto prossima all'affetto. E in questo film di artisti di cui sono innamorato ce ne sono addirittura tre! Posso elencarli in ordine sparso, tanto sono miei beniamini in uguale maniera. TOM WAITS ha un piccolo ruolo ma quella sua faccia sorniona mi incanta sempre, forse suggestionato dal trovarmi di fronte ad uno dei poeti-blues più intensi di tutte le epoche. MALCOLM McDOWELL è sempre lui, un "nonno" meraviglioso, con quei due occhi di fuoco e quel nasone butterato: lui è molto più d'un attore, io lo vedo come una specie di Testimone di ormai non so più quante generazioni, i suoi occhi hanno visto tante di quelle cose (che noi umani, etc etc) che viene naturale attribuire una valenza anche "intellettuale" al suo talento di attore consumato. E infine concedetemi di rinnovare un mio vecchio amore: JENNIFER BEALS. Ho sempre amato (e "desiderato") questa donna (forse neanche bellissima, con quel suo sorriso quasi "cavallino") ma che mi ha sempre maledettamente sedotto ogni volta che ne ho visto anche una semplice foto sul giornale. La carriera di Jennifer forse non è stata quella che si aspettava dai tempi promettenti di "Flashdance", ma lei resterà per sempre nel mio cuore assieme al suo incantevole sorriso. E poi, accidenti, c'è ancora qualcuno che si ricorda di quel suo brevissimo cameo fortemente voluto da Nanni Moretti nel suo "Caro Diario"? Io me lo sono appena rivisto su You Tube e mi sono anche commosso, che scemo che sono. Concludendo. Film potente e suggestivo. Molto di più di un fanta-action. E comunque se tutti i fanta-action fossero come questo....avercene!
Voto: 9 +
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