Regia di Patric Chiha vedi scheda film
Ottimo esordio per il regista viennese Patric Chiha, classe 1975, con un film che, per le tematiche affrontate, si inserisce idealmente nel filone della nouvelle vague: nella forma, però, a ben vedere, ne tradisce lo spirito analitico, tradizionalmente basato sul confronto verbale, sulla disarmonia strappata all’anima e portata in superficie, a graffiare la superficie della realtà. Questo film, al contrario, affida la verità interiore al non detto, ad un’intesa che si nutre di un’affinità indefinibile tra due persone apparentemente molto diverse – un adolescente e sua zia – e delle loro reciproche, ma silenziose, richieste di aiuto. Passeggiare mano nella mano ed affermare di detestare le persone prive di senso dell’orientamento è, nel contempo, una dichiarazione di intenti ed una promessa di camminare insieme lungo un percorso che porti a (ri)trovare se stessi, con il sostegno dell’altro, senza con ciò dovergli offrire la propria intimità: quest’impegno alla riservatezza è la parte più importante del loro tacito accordo, ed è proprio ad essa che sembra riferirsi la natura cifrata del messaggio. Ognuno dei due riesce a mantenere i propri segreti spazi di debolezza, stravaganza e trasgressione, ed è, semplicemente, la presenza dell’altro, al suo fianco, a permettergli di attraversarli senza vergogna, e con la coerenza che caratterizza le scelte consapevoli. Il ragazzo imparerà a conoscere e vivere serenamente la propria sessualità, mentre la donna verrà messa di fronte ai propri errori, alle circostanze che l’hanno fatta precipitare nell’alcolismo. Il risveglio avviene, per entrambi, senza ingerenze esterne, e senza che nessuno dei due sollevi l’altro, nemmeno in parte, dalle sue responsabilità. Quella ritratta in questo film è una simbiosi che non prevede interdipendenza, ma che si nutre di un continuo bisogno di conferme, della necessità di essere costantemente certi dell’affetto dell’altro. La storia di Pierre e Nadia è la muta romanza di due universi che ruotano uno intorno all’altro, ma restano comunque distinti e separati, conservando ognuno la propria individualità: un movimento a due senza contatti né interferenze, in cui l’influsso del compagno serve solo a fornire un astratto punto di riferimento, un criterio per fare ordine nel proprio bagaglio di ricordi, esperienze ed emozioni. Nadia guida Pierre alla scoperta di ciò che egli è, e Pierre indica a Nadia ciò che ella è diventata: procedere in parallelo è una maniera per raddrizzarsi a vicenda il cammino, e rendere la traiettoria lineare, evitando così gli sbandamenti e le deviazioni, indipendentemente dalla meta che si vuole raggiungere. Domaine è una storia interamente costruita su un dualismo che non arriva mai a fondersi in una coppia; in questo senso è l’opposto delle favole d’amore, che si beano di ridurre le distanze, come se questo fosse l’unico modo per realizzare un’unione solida, profonda e duratura: il rapporto tra i due protagonisti è solidamente al riparo da derive erotiche o sentimentali, e da questo rigore, che ne rispecchia l’essenza semplice e sincera, trae, in definitiva, la forza per resistere all’invadente caos del mondo.
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