Tre anni dopo Sombre, Philippe Grandrieux torna dietro la macchina da presa con un lavoro ancora più estremo, e finalmente maturo: La Vie nouvelle, la “vita nuova”, è un film di energie opache, di forze radianti, di vibrazioni incontrollate. Un terremoto per lo sguardo.
Philippe Grandrieux, videoartista prestato al cinema, è un caso unico, anche in Francia, dove è apprezzato. Impossibile inquadrarlo. Il difficile Sombre, il suo esordio dietro la macchina da presa, fu semplicemente uno shock: la critica transalpina lo accolse con lodi pressoché unanimi. Quel film, interessante ma in fondo irrisolto, possedeva una forma mai vista: Grandrieux sembrava mescolare le esperienze di un cinema d’autore estremo e radicale (Noé, Breillat, Haneke) ancora in stato embrionale con le suggestioni del cinema underground e sperimentale (Brakhage), e alcuni residui herzoghiani e lynchani. Il risultato fu spiazzante, con momenti molto intensi e immagini potenti, alternati ad altri forse troppo teorici, troppo 'parlanti'. Con La Vie nouvelle (non è casuale il richiamo a Dante), girato tre anni dopo Sombre, Philippe Grandrieux porta decisamente avanti la sperimentazione narrativa e visiva dell’esordio, arrivando a risultati ugualmente sconcertanti e finalmente maturi. In Sombre, infatti, avevamo ancora una storia, personaggi con psicologie riconoscibili, dinamiche più o meno consolidate, anche se portati all’estremo. La Vie nouvelle, invece, non ha una storia. I suoi protagonisti sono tre uomini e una donna, e di loro non sappiamo quasi nulla: né prima né dopo il film. E i rapporti che li legano rimangono ambigui, addirittura illeggibili. Rosque e Seymour, ad esempio, sono fratelli? Padre e figlio? Amici? Amanti? E qual è la verità del rapporto di forza che unisce il protettore Boyan e la sua prostituta Melania? E ancora: Seymour ama davvero Melania? A dire l’importanza della dimensione narrativa ne La Vie nouvelle può essere il riassunto della trama, due righe due, che riduce addirittura il numero dei personaggi, da quattro a due:
In un bordello di Budapest, il giovane Seymour, soldato americano in permesso, si innamora di una prostituta, Melania: vorrebbe comprarla, ma la donna non sarà mai sua.
Trama esilissima, dunque. Ciononostante, La Vie nouvelle è un film straordinario, e per molti motivi. Per l’intensità delle sue sequenze – blocchi di marmo impenetrabili. Per la forza antinaturalistica delle sue immagini – terremotate, sventrate, letteralmente rivoltate. Per la stratificazione del suo manto sonoro – attutito, irrealistico, orrorifico, lynchano. La violenza di questo film è innanzitutto formale, cinematografica. La Vie nouvelle è un terremoto per i sensi. Grandrieux dice di cercare un’immagine che sia insieme la prima e l’ultima, un cinema mai visto e mai sentito di vibrazioni sensoriali, paure ancestrali e visioni della mente: vuole tornare all’infanzia, cioè a uno stato preintellettuale – a un desiderare assoluto e irragionevole. La Vie nouvelle, la “vita nuova”, è la radiografia di questa regressione. È il Desiderio. Per questo il film è così violento; per questo le inquadrature sembrano vibrare. Grandrieux vuole colpire l'inconscio: egli mette in immagini la tensione che intercorre fra l'aperto e il chiuso, la luce e l'oscurità, il visibile e l'invisibile. Lo spettatore non deve vedere soltanto, deve sentire il film: La Vie nouvelle non è (soltanto) un'operazione formalista, è un'esperienza quasi violenta che rimette in discussione le certezze dello spettatore, quelle percettive in primis. In questo senso è significativa la sequenza girata con la macchina da presa termica, la più sbalorditiva (e angosciante) di tutto il film.
Un momento terrificante, mai visto: una visualizzazione potente delle leggi sconosciute e infernali del desiderio. Corpi che si inseguono e si toccano, che gridano e copulano, che si divorano. In sequenze come questa il riferimento al pittore Francis Bacon (oppure al fotografo Antoine d'Agata) si impone quasi naturalmente: La Vie nouvelle mette in scena l’abisso dell’esistenza. Uno sguardo instabile.
Dunque, come altri cineasti della New French Extremity, anche Grandrieux è ossessionato dai corpi, dalla loro pesantezza. Tanto che il regista francese prima li chiude in inquadrature strette, i corpi, li guarda tremare: poi li fa cinematograficamente a pezzi. Gli occhi, un angolo delle labbra, il naso, le mani. Un serial killer dietro la macchina da presa, dunque, se non fosse che i suoi film, La Vie nouvelle come Sombre come il successivo Un lac, sembrano indicare anche una speranza, una possibile salvezza – forse inattuabile, sicuramente paradossale. Questa salvezza è il movimento. Perché quello di Grandrieux non è soltanto un cinema di corpi: è anche un cinema di traiettorie e direzioni possibili, di vettori liberi. Lo sguardo è un vettore; il cinema è uno spazio di possibilità. È su un tale presupposto teorico che lavora Grandrieux, contrapponendo significativamente questa libertà in potenza, anche spaziale, alla chiusura senz’aria di molte inquadrature. Nella sequenza più ipnotica de La Vie nouvelle, i corpi sembrano sollevarsi per aria, e lo sguardo vola con loro.
La Vie nouvelle, lo dice il titolo stesso del film, prepara una rinascita. Eppure il finale è rovinoso: Melania scompare nell’oscurità, e Rosque è sbranato da un branco di cani affamati. Seymour rimane solo. Disperato, cerca un’altra prostituta, un altro amplesso nel quale affogare il dolore: la stretta è brutale, violenta. Fuori di sé, l’uomo picchia ripetutamente la donna, che invano prova a difendersi. Terminato l’amplesso, di fronte alla violenza compiuta, di fronte alla prostituta terrorizzata (che porta al collo un piccolo crocefisso d’oro – dettaglio rivelatore), Seymour realizza tutto, e allora grida, disperato, un’angoscia senza fine. Quest’urlo violento chiude La Vie nouvelle. Grandrieux: «Un annullamento, ma forse anche una rinascita. Eccola, la nuova vita». Il finale del film è terribile: le inquadrature sono accostate secondo un ordine allucinato e crudele. La tensione accumulata esplode, le pulsioni nascoste e inconfessate prendono il sopravvento – la violenza di questo momento è assolutamente intollerabile. I corpi si perdono nell’oscurità. Un incubo. L’urlo che conclude La Vie nouvelle, una cruda trasposizione in immagini cinematografiche dell’angosciosa tensione figurativa di un Bacon, avvolge lo spettatore in un’atmosfera di insostenibile disperazione, complice un commento sonoro stupefacente, progressivamente più avvolgente, intenso e irrealistico. È questa la “vita nuova”, l'unica possibile nel cinema di Grandrieux: rinascere vuol dire precipitare nell’abisso del Sé. PerderSi.
Complimenti per la tua recensione: approfondita e piacevole da leggersi (con quelle clip dal film mi hai davvero incuriosito). Anch'io non ho mai visto niente di Grandieux, però, da come ne parli, sembra proprio che si tratti di un autore particolarmente meritevole. Cercherò di recuperarlo. Intanto, grazie per tua la ottima ed esaustiva recensione. Ciao!
Ciao myHusky,
sono contento che le clip che ho inserito ti abbiano incuriosito. Grandrieux è un regista controverso, radicale: i suoi film sono affascinanti, lavorano sui riflessi condizionati dello spettatore.
Se recupererai l'opera di Grandrieux, ti suggerisco di partire da Sombre (c'è una bella recensione sul sito di @badu), oppure da Un lac, la sua opera più matura e scarnificata (mi verrebbe da dire 'bressoniana').
Grazie del commento, un caro saluto!
analisi dettagliata di un film e insieme di un autore che ho conosciuto grazie ai vostri contributi qui sul sito, non ho mai visto nulla dei suoi lavori ma tu, come già in altre occasioni, ne riesci splendidamente a inquadrare lo stile e dunque il pensiero, fornisci un quadro chiaro, rivelatore, di un certa idea (estrema) filmica sicuramente affascinante e certamente da scoprire, sei molto bravo, ciao :)
Grazie amandagriss, sei davvero gentile :)
Grandrieux è un regista estremo, è tuttora attivo nel campo della videoarte. Ma non solo, ha pure diretto un video musicale con Marilyn Manson, il titolo Putting holes in happiness (forse l'hai già visto, comunque ti lascio il link: http://vimeo.com/25703658).
Grazie ancora dell'apprezzamento, ciao :)
oh grazie per l'info e il link, ultimamente l'ho perso un pò di vista (prima c'era Mtv che mi teneva sempre aggiornata), lo guarderò senz'altro, ciao :)
non conosco questa New French Extremity, ma mi incuriosisce molto il fatto di vedere fino a che punto si possono forzare i limiti del linguaggio filmico, affinchè possa ancora considerarsi "cinema"...grazie per il link e un plauso alla lucida ed esauriente recensione...
Ciao ed,
la New French Extremity è un temine coniato da un critico americano per accomunare registi francesi che rappresentano sesso e violenza con crudezza. In realtà, è una formula abbastanza generica, basta pensare che vi rientrano, secondo il critico in questione, registi molto diversi fra loro, come Dumont, Ozon, Breillat, Denis, Noé, Bonello, Brisseau, Despentes, e appunto Grandrieux... Il regista de La vie nouvelle, rispetto agli altri che ho citato, si distingue proprio per la forzatura dei limiti del linguaggio cinematografico...
Grazie dell'apprezzamento, un saluto!
Un tipo di cinema, "estremo", per molti versi innovativo, che corre sempre il rischio di apparire una sequela pretestuosa e presuntuosa di pezzi "videoartistici" tra loro scollegati, con la (auto)giustificazione dell'assenza di una vera linea narrativa. Insomma, frammenti filmici, anche di grande impatto, che però non costituiscono (costituirebbero) un vero e proprio film (come classicamente inteso). È appunto un rischio, un limite che per me si supera solo se a certa predominanza di immagini e suoni (per alcuni si tratta addirittura di "fascismo delle immagini") corrisponde un pensiero compiuto, percettibile (e non certamente spiegato o banalmente comprensibile, ovvio), che vada oltre la mera "esperienza" visiva-sonora (che pure è fondamentale).
Non è il caso di questo film, per i motivi così accuratamente esposti nella recensione. Merita senz'altro una visione (e visibilità), già per quanto le sequenze riportate suggeriscano (quella con la mdp termica è ossessiva e ossessionante, un potentissimo urlo soffocato che squarcia l'animo dal suo interno). Non ho visto altro del regista: recupererò il resto.
Infine, visto che non lo ha fatto nessuno - mi pare - non posso esimermi dal citare Anna Mouglais (giustamente messa in primo piano): attrice e donna erotica con pochi eguali, sguardo penetrante, voce calda e rauca che ammalia e turba. Un saluto.
Ciao M Valdemar,
il tuo è un intervento davvero interessante. In effetti, il rischio di cui parli c'è davvero ma, allo stesso tempo, è difficile individuare con certezza quando un film smette di essere tale e diventa altro. Che cosa distingue lo sperimentalismo formale di Weerasethakul da quello di Grandrieux? In casi così estremi, credo dipenda molto dalla sensibilità di ciascun spettatore.
Proprio la sequenza con la mdp termica è il momento più estremo e affascinante del film: una scena impossibile da dimenticare. Anche il finale, che non ho inserito per ovvi motivi, non è da meno. La vie nouvelle è così, ha sequenze che volano altissimo; pochi film hanno visualizzato con tanta esattezza (e crudezza) il lato oscuro del desiderio.
Hai fatto bene a citare la coraggiosa Mouglais, splendida e ossessiva in questo film: è l'immagine del desiderio maschile, una Beatrice dantesca colorata di nero. La sequenza in cui canta è sublime: e non mi sorprenderebbe scoprire che McQueen ce l'avesse presente prima di girare Shame.
Grazie ancora del commento, un caro saluto.
Ottimo l'intervento di M Valdemar perché evidenzia un rischio che anch'io durante la visione ho percepito. Poi la magnifica recensione di Lorebalda ha diradato qualsiasi dubbio. Che cinema quello di Grandrieux (!), anche se ora fatalmente mi cala un po' il valore del meno rivoluzionario Un lac.
Grazie Inside man! A proposito dello stile del cinema di Grandrieux, c'è una formula molto bella utilizzata dal critico Vincent Ostria, che su Les Inrockuptibles, all’epoca dell’uscita di Un lac, ha parlato di «action-filming» per descrivere il modus operandi del regista. A mio parere, La Vie nouvelle è all'altezza delle opere pittoriche di Pollock e di Bacon, e rappresenta uno degli esiti più compiuti dell'impressionismo cinematografico francese. Grandrieux, d’altra parte, figura sempre come l’operatore di ripresa dei suoi film, anche quando, come ne La Vie nouvelle, non ne cura in solitaria la fotografia, intrattenendo con le immagini un rapporto materico e sensuale, simile a quello del pittore con la tela. Ti consiglio, Inside man, di recuperare gli altri lavori di Grandrieux (anche quelli più vicini nelle premesse al mondo della videoarte: White Epilepsy e Meurtrière), sperando che Malgré la nuit, il suo ultimo, bellissimo film di finzione, sia presto reperibile.
"Action filming": definizione esemplare per lo "stile Grandrieux"! Ancora una volta poi concordo al 100% con le tue considerazioni Lorenzo, che spaziano sapientemente dall'impressionismo cinematografico ai debiti pittorici (e video-artistici) verso Pollock, ma soprattutto Bacon; anzi, come sottolineavi nel pezzo, direi che la visione personale e densa di suggestioni dell'autore riesce nell'impresa quasi impossibile di trasporre in linguaggio filmico l'essenza poetica del sublime artista irlandese, sia a livello estetico che espressivo, giungendo inoltre a una sintesi dell'immagine-tempo deleuziana di prodigiosa purezza (e annessa cripticità), in quanto portatrice in sé di tutti i canoni teorici stabiliti dal grande filosofo francese (caso più unico che raro a quanto ne so). Da ieri nel mio radar di lavori da reperire, Grandrieux si piazza di forza sul podio. Grazie e un salutone.
Che magnifica analisi, Lore! Meritatamente la più votata. Ecco, è con queste opinioni che l'utilità acquista un senso, un valore stimolante. Potrei soffermarmi su tantissime frasi, perché la tua recensione è pressoché perfetta, nel senso che hai inquadrato in maniera perfetta l'operazione del Cinema di Grandrieux. Un cinema da sentire e subire, esatto. Siamo di fronte ad un regista unico, che fa il possibile per riportare la visione alla sua più insondabile verginità, per poi sverginarla brutalmente in men che non si dica. Cinema, quindi, iniziale e finale insieme. Tremendo. Ancora complimenti. Ciao!
Grazie Badu,
il tuo apprezzamento vale doppio, perché so bene quanto apprezzi il cinema di Philippe Grandrieux. "Cinema iniziale e finale insieme": esatto, è così.
Grazie ancora dei complimenti, che ricambio volentieri: i tuoi scritti sul regista sono stati un riferimento costante per il mio approfondimento dell'opera di Grandrieux. A presto.
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Complimenti per la tua recensione: approfondita e piacevole da leggersi (con quelle clip dal film mi hai davvero incuriosito). Anch'io non ho mai visto niente di Grandieux, però, da come ne parli, sembra proprio che si tratti di un autore particolarmente meritevole. Cercherò di recuperarlo. Intanto, grazie per tua la ottima ed esaustiva recensione. Ciao!
Ciao myHusky,
sono contento che le clip che ho inserito ti abbiano incuriosito. Grandrieux è un regista controverso, radicale: i suoi film sono affascinanti, lavorano sui riflessi condizionati dello spettatore.
Se recupererai l'opera di Grandrieux, ti suggerisco di partire da Sombre (c'è una bella recensione sul sito di @badu), oppure da Un lac, la sua opera più matura e scarnificata (mi verrebbe da dire 'bressoniana').
Grazie del commento, un caro saluto!
analisi dettagliata di un film e insieme di un autore che ho conosciuto grazie ai vostri contributi qui sul sito, non ho mai visto nulla dei suoi lavori ma tu, come già in altre occasioni, ne riesci splendidamente a inquadrare lo stile e dunque il pensiero, fornisci un quadro chiaro, rivelatore, di un certa idea (estrema) filmica sicuramente affascinante e certamente da scoprire, sei molto bravo, ciao :)
Grazie amandagriss, sei davvero gentile :)
Grandrieux è un regista estremo, è tuttora attivo nel campo della videoarte. Ma non solo, ha pure diretto un video musicale con Marilyn Manson, il titolo Putting holes in happiness (forse l'hai già visto, comunque ti lascio il link: http://vimeo.com/25703658).
Grazie ancora dell'apprezzamento, ciao :)
oh grazie per l'info e il link, ultimamente l'ho perso un pò di vista (prima c'era Mtv che mi teneva sempre aggiornata), lo guarderò senz'altro, ciao :)
non conosco questa New French Extremity, ma mi incuriosisce molto il fatto di vedere fino a che punto si possono forzare i limiti del linguaggio filmico, affinchè possa ancora considerarsi "cinema"...grazie per il link e un plauso alla lucida ed esauriente recensione...
Ciao ed,
la New French Extremity è un temine coniato da un critico americano per accomunare registi francesi che rappresentano sesso e violenza con crudezza. In realtà, è una formula abbastanza generica, basta pensare che vi rientrano, secondo il critico in questione, registi molto diversi fra loro, come Dumont, Ozon, Breillat, Denis, Noé, Bonello, Brisseau, Despentes, e appunto Grandrieux... Il regista de La vie nouvelle, rispetto agli altri che ho citato, si distingue proprio per la forzatura dei limiti del linguaggio cinematografico...
Grazie dell'apprezzamento, un saluto!
Un tipo di cinema, "estremo", per molti versi innovativo, che corre sempre il rischio di apparire una sequela pretestuosa e presuntuosa di pezzi "videoartistici" tra loro scollegati, con la (auto)giustificazione dell'assenza di una vera linea narrativa. Insomma, frammenti filmici, anche di grande impatto, che però non costituiscono (costituirebbero) un vero e proprio film (come classicamente inteso). È appunto un rischio, un limite che per me si supera solo se a certa predominanza di immagini e suoni (per alcuni si tratta addirittura di "fascismo delle immagini") corrisponde un pensiero compiuto, percettibile (e non certamente spiegato o banalmente comprensibile, ovvio), che vada oltre la mera "esperienza" visiva-sonora (che pure è fondamentale).
Non è il caso di questo film, per i motivi così accuratamente esposti nella recensione. Merita senz'altro una visione (e visibilità), già per quanto le sequenze riportate suggeriscano (quella con la mdp termica è ossessiva e ossessionante, un potentissimo urlo soffocato che squarcia l'animo dal suo interno). Non ho visto altro del regista: recupererò il resto.
Infine, visto che non lo ha fatto nessuno - mi pare - non posso esimermi dal citare Anna Mouglais (giustamente messa in primo piano): attrice e donna erotica con pochi eguali, sguardo penetrante, voce calda e rauca che ammalia e turba. Un saluto.
Ciao M Valdemar,
il tuo è un intervento davvero interessante. In effetti, il rischio di cui parli c'è davvero ma, allo stesso tempo, è difficile individuare con certezza quando un film smette di essere tale e diventa altro. Che cosa distingue lo sperimentalismo formale di Weerasethakul da quello di Grandrieux? In casi così estremi, credo dipenda molto dalla sensibilità di ciascun spettatore.
Proprio la sequenza con la mdp termica è il momento più estremo e affascinante del film: una scena impossibile da dimenticare. Anche il finale, che non ho inserito per ovvi motivi, non è da meno. La vie nouvelle è così, ha sequenze che volano altissimo; pochi film hanno visualizzato con tanta esattezza (e crudezza) il lato oscuro del desiderio.
Hai fatto bene a citare la coraggiosa Mouglais, splendida e ossessiva in questo film: è l'immagine del desiderio maschile, una Beatrice dantesca colorata di nero. La sequenza in cui canta è sublime: e non mi sorprenderebbe scoprire che McQueen ce l'avesse presente prima di girare Shame.
Grazie ancora del commento, un caro saluto.
Ottimo l'intervento di M Valdemar perché evidenzia un rischio che anch'io durante la visione ho percepito. Poi la magnifica recensione di Lorebalda ha diradato qualsiasi dubbio. Che cinema quello di Grandrieux (!), anche se ora fatalmente mi cala un po' il valore del meno rivoluzionario Un lac.
Grazie Inside man! A proposito dello stile del cinema di Grandrieux, c'è una formula molto bella utilizzata dal critico Vincent Ostria, che su Les Inrockuptibles, all’epoca dell’uscita di Un lac, ha parlato di «action-filming» per descrivere il modus operandi del regista. A mio parere, La Vie nouvelle è all'altezza delle opere pittoriche di Pollock e di Bacon, e rappresenta uno degli esiti più compiuti dell'impressionismo cinematografico francese. Grandrieux, d’altra parte, figura sempre come l’operatore di ripresa dei suoi film, anche quando, come ne La Vie nouvelle, non ne cura in solitaria la fotografia, intrattenendo con le immagini un rapporto materico e sensuale, simile a quello del pittore con la tela. Ti consiglio, Inside man, di recuperare gli altri lavori di Grandrieux (anche quelli più vicini nelle premesse al mondo della videoarte: White Epilepsy e Meurtrière), sperando che Malgré la nuit, il suo ultimo, bellissimo film di finzione, sia presto reperibile.
"Action filming": definizione esemplare per lo "stile Grandrieux"! Ancora una volta poi concordo al 100% con le tue considerazioni Lorenzo, che spaziano sapientemente dall'impressionismo cinematografico ai debiti pittorici (e video-artistici) verso Pollock, ma soprattutto Bacon; anzi, come sottolineavi nel pezzo, direi che la visione personale e densa di suggestioni dell'autore riesce nell'impresa quasi impossibile di trasporre in linguaggio filmico l'essenza poetica del sublime artista irlandese, sia a livello estetico che espressivo, giungendo inoltre a una sintesi dell'immagine-tempo deleuziana di prodigiosa purezza (e annessa cripticità), in quanto portatrice in sé di tutti i canoni teorici stabiliti dal grande filosofo francese (caso più unico che raro a quanto ne so). Da ieri nel mio radar di lavori da reperire, Grandrieux si piazza di forza sul podio. Grazie e un salutone.
Che magnifica analisi, Lore! Meritatamente la più votata. Ecco, è con queste opinioni che l'utilità acquista un senso, un valore stimolante. Potrei soffermarmi su tantissime frasi, perché la tua recensione è pressoché perfetta, nel senso che hai inquadrato in maniera perfetta l'operazione del Cinema di Grandrieux. Un cinema da sentire e subire, esatto. Siamo di fronte ad un regista unico, che fa il possibile per riportare la visione alla sua più insondabile verginità, per poi sverginarla brutalmente in men che non si dica. Cinema, quindi, iniziale e finale insieme. Tremendo. Ancora complimenti. Ciao!
Grazie Badu,
il tuo apprezzamento vale doppio, perché so bene quanto apprezzi il cinema di Philippe Grandrieux. "Cinema iniziale e finale insieme": esatto, è così.
Grazie ancora dei complimenti, che ricambio volentieri: i tuoi scritti sul regista sono stati un riferimento costante per il mio approfondimento dell'opera di Grandrieux. A presto.
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