Regia di Philippe Grandrieux vedi scheda film
L'esordio, 1998, per questo interessante cineasta francese, scoperto, da me, solo recentemente con lo splendido "Un Lac". Come per "Un Lac", film più maturo e riuscito, anche in questo lavoro, Grandrieux, si muove fra l'arte visiva e il fascino irresistibile, scuro, (come da titolo), della materia umana, dell'essere umano. Raramente ho visto un regista lavorare così potentemente sui corpi e sui volti, rendendo praticamente inutili le parole, sparute anche in "Sombre". Il canovaccio, perché di questo si tratta, è quello di un uomo, Jean, marionettista, che si muove lungo le strade di Francia, nel luglio del Tour De France, che più volte interseca, alla ricerca di prostitute e donne sole, con cui ha feticistici rapporti sessuali che si concludono con la morte delle protagoniste. Un serial killer che si muove, però, in una specie di oscurità perenne, intima, divorante, un uomo per nulla freddo e calcolatore. Da incontro a incontro, s'imbatte in due sorelle, con cui, curiosamente, s'instaura un rapporto diverso, per lui, fino a diventare, con una di loro, un rapporto affettivo, finalmente. O così suggerisce Grandrieux, visto che il suo cinema non ha prese sicure, non dice, non spiega, non moralizza, ma lo lascia fluire fra inquadrature fuori fuoco, movimenti tellurici, cinepresa a mano. Ci sono sequenze di grandissima levatura, e se non si pretende di trovare per forza un'idea esatta di sceneggiatura, il film affascina nel suo magma nero, nerissimo. Un grande regista, autore, purtroppo, di soli tre film fino adesso. Una murder ballad di Nick Cave, intrisa di Lynch, strada e sangue, ma quello ancora nelle vene.
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