Regia di Paolo Virzì vedi scheda film
Un melodramma, per chi abbia ancora la voglia o il tempo di piangere al cinema. Certo, c’è di tutto, trattandosi di una saga familiare, ed ovviamente le morti abbondano. Comunque, non si creda che quanto racconta Virzì sia così “fantascientifico”, come qualcuno ha scritto. Chi lo sostiene, è evidente che non conosce Livorno, una città estremamente passionale – nel bene e nel male – e contenta di sentirselo dire. Ma, ovviamente, il problema non è questo, perché sicuramente Virzì ha fatto il film per il pubblico, forse proprio per farlo piangere. L’interrogativo è, caso mai, quanto La prima cosa bella possa piacere fuori dalle mura delle città labronica. E caso mai, Virzì, per troppo amore, è stato poco cattivo, a differenza dello spirito notoriamente dissacrante della sua città. Spirito che il regista ha riassunto assai meglio nel sentito omaggio a Bobo Rondelli (che qui interpreta il timido Mansani, un ruolo fin troppo sacrificato), L’uomo che aveva picchiato la testa. Per essere davvero livornese nel midollo, alla fine delle scene commoventi avrebbe dovuto metterci un rutto o una bestemmia. Ma Virzì vive a Roma da anni, torna a Livorno per il ponce di prammatica e si fa produrre i film dalla Medusa (di cui sappiamo chi è il padrone). Il motorino amaranto si è parecchio scolorito dai tempi di Ovosodo, ma corre per altre strade. Per piangere, comunque, va bene così.
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