Regia di Paolo Virzì vedi scheda film
La prima cosa bella che fa Virzì: sarebbe stupido liquidarlo così, ma c'è un fondo di verità in questa facile sentenza. Perchè, per la prima volta, il regista pare finalmente un autore 'adulto', dopo una carriera in costante crescita contraddistinta da opere all'insegna del presente (Ferie d'agosto) e soprattutto del futuro (Ovosodo, My name is Tanino, Caterina va in città): ed ora Virzì abbraccia il passato, soprattutto nei termini di riconciliazione con sè stessi e con i valori famigliari, con le proprie amate/odiate radici. Bruno è un personaggio straordinario e Mastandrea merita un monumento per la caratterizzazione; quasi agli stessi livelli arriva la Valeria della Pandolfi, mentre il mestiere colma le lacune di personaggi pur fondamentali come la madre adulta (Sandrelli) ed il suo neo-sposo (Messeri); brava perfino la Ramazzotti, che finora non aveva lasciato grandi tracce nei film cui aveva preso parte, inqualificabile il tizio di Mtv che viene inserito a sorpresa verso la fine come macchietta pseudo-comica. Sceneggiato da Virzì e Bruni (assidui collaboratori) e da Francesco Piccolo (già in Tanino, ma anche nel Caimano e in Ovunque sei), La prima cosa bella riproduce un'ansia esistenziale a tratti straziante grazie a momenti riusciti (il rapporto fra i fratelli) e ad alcuni colpi bassi (una madre morente, i ricordi dell'adulto che rivaluta la propria infanzia: clichè, e neppure dei migliori) comunque mai smaccatamente patetici. Come potevasi intuire, non c'è un vero lieto fine, ma il suggerimento è evidente: ciò di cui è giusto e necessario essere lieti è quel senso di continuità che ci lega al nostro passato, alle persone care, a chi abbiamo avuto vicino nei momenti cruciali della nostra vita, anche in vista di un futuro luminoso, o, parafrasando una battuta-cardine messa in bocca a Bruno/Mastandrea, di una vita da imbecille, ma non da persona normale, che è decisamente peggio. Musiche del fratello del regista, che per una volta non solo non è penoso, ma è addirittura bravo: l'aura di miracolo avvolge questo film e Carlo Virzì orchestra partiture che, senza esagerare, sfiorano le atmosfere dei lavori (belli) di Piovani. 7/10.
Bruno insegna a Milano, ma è livornese di nascita; torna al paese natìo alla notizia dello stadio terminale della malattia della madre. La sorella minore Valeria fa da tramite fra i due: entrambi le vogliono bene, ma madre e figlio non si sono mai sopportati volentieri. Il rapporto così rinasce, spunta un fratello fantasma (figlio illegittimo della madre) ed un vecchio spasimante che la donna vuole impalmare prima di morire.
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