Regia di Paolo Virzì vedi scheda film
Bruno non è mai riuscito ad accettare una madre dall'ingombrante vitalità; da adulto le sue difficoltà affettive si sono tradotte in fuga dalla città natale, rifiuto delle proprie radici, incapacità di rapportarsi serenamente con gli altri. Assistere la madre nei suoi ultimi giorni di vita gli darà un’occasione per riconciliarsi con il passato. Per me Virzì è una sicurezza, non delude mai, al massimo ogni tanto (come qui) è un po’ manierato; anche i suoi difetti sono ormai così riconoscibili da far parte del paesaggio e risultare accettabili. Questo film, malinconico e rasserenante al tempo stesso, è quasi una rivisitazione di Ovosodo con un’occhio alla grande commedia italiana (la Sandrelli è una citazione vivente di Io la conoscevo bene, Marco Risi interpreta suo padre in una scena). La vita è lunga: può prevedere fatti strani (due coniugi separati che continuano a vedersi di nascosto per fare l’amore), può riservare rivincite insperate (dire “sai, mi sono trombato la tua fidanzata” al più antipatico della scuola). La vita è lunga e, quando arriva il momento dei bilanci, si può anche essere indulgenti con sé stessi e con gli altri: così il familismo di fondo si stempera in un finale agrodolce, con qualche sorpresa non necessariamente piacevole (la Pandolfi dopo la morte della madre cerca conforto non nell’abbraccio del marito ma in quello dell’“altro”, che fino ad allora aveva sempre maltrattato davanti a tutti). Però la Ramazzotti conferma le perplessità che mi aveva dato già in Tutta la vita davanti (poca personalità, recitazione sopra le righe): spero che in futuro Virzì non si lasci influenzare dalle esigenze familiari nella scelta delle sue attrici.
Non ci sono commenti.
Ultimi commenti Segui questa conversazione
Commenta