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La prima cosa bella

Regia di Paolo Virzì vedi scheda film

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La recensione su La prima cosa bella

di Furetto60
7 stelle

Bel film di Virzì. Ottime le prove attoriali

Nell’incipit, in flashback, un concorso di bellezza nell’estate 1971, vinto dalla esplosiva Anna, mamma dei piccoli Bruno e Vittoria, sotto gli occhi furenti del gelosissimo marito, rigido maresciallo dei carabinieri, che a seguito di questo evento, si sente legittimato a cacciarla di casa. Bruno ormai è diventato adulto e fa l’insegnante di liceo a Milano, manca da molto tempo dalla sua città natale; depresso, in crisi con la fidanzata, intontito da spinelli e psicofarmaci, raggiunto dalla sorella che lo implora di tornare a casa dalla madre, malata di cancro ad uno stadio ormai terminale. Bruno lo fa malvolentieri, non ha perdonato le debolezze materne. Il film salta ancora indietro e riprende i fili della storia di una famiglia sgangherata, segnata da tanto amore, ma anche da comportamenti approssimativi e inappropriati. Anna è ignara delle attenzioni maliziose, nonché dei morbosi pettegolezzi, di cui lei è oggetto e che suscitano, invece i sospetti rabbiosi di suo marito Mario e la vergogna dei figli. Anna dunque è costretta ad  arrangiarsi ad una vita randagia, si fa irretire dal miraggio del cinema, perderà l’affido dei figli, li riconquisterà. Quei figli che Anna ama con tutte le sue forze, di un amore totale, ma anche superficiale, con l’illusione che una “cantatina” insieme possa aggiustare tutto, mentre i problemi concreti , si affollano nelle loro esistenze. E nel frattempo relazioni sbagliate, incontri clandestini, peripezie imbarazzanti. Nella spasmodica ricerca di una stabilità economica e sociale per lei e la sua famiglia, Anna pecca di ingenuità, inseguendo vani sogni di gloria, concede credito a viscidi opportunisti e sfruttatori, che puntualmente la lasciano con un pugno di mosche in mano. Questa donna solare ma confusa, allegra anche quando non è il caso, candida, ma anche incosciente, segna inevitabilmente la vita dei due figli, costretti ad una esistenza nomade, passando da una casa all’altra, da una vita all’altra; Bruno, il maggiore a un certo punto tronca con la famiglia  e se ne va a lavorare a Milano, ma si porta dietro tanta infelicità. Il regista guarda ad Anna, resa perfettamente da giovane da Micaela Ramazzotti, e da anziana da una Stefania Sandrelli perfettamente calata nel personaggio, con affetto e magnanimità ed effettivamente sembra sia giusto così, perché è una donna che molto ha amato e sofferto, ma alla quale nessuno, ha perdonato la sua leggerezza. Ancora una volta il regista sceglie come ambientazione la sua città Livorno, che conosce molto bene, con cui ha un rapporto di odio/amore: la giudica provinciale, ma al contempo anche ricca di umanità. La direzione degli attori è precisa e meticolosa; ma va sottolineata la versatilità di tutto il cast, in particolare di Valerio Mastrandrea “Bruno adulto”, sempre puntuale  nelle sue prove attoriali.

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