Regia di Paolo Virzì vedi scheda film
Una famiglia sfasciata, due bambini sbattuti qua e là, un adulto il quale soffre di ansia, che cerca di lenire con i farmaci e altre sostanze.... E' il ritratto di una vita piena di problemi, che però forse può voltare pagina e trovare un po' di serenità.
Anni fa vidi “Ferie d'agosto”, che mi risultò nichilista, allegramente nichilista. Questo mi ha tenuto lontano da Virzì fino ad oggi, quando ho deciso di dare una possibilità a questo “La prima cosa bella”, e non me ne sono pentito. A differenza di quello già citato, è una pellicola amara e dolente su esperienze probabilmente autobiografiche per il regista, che funge da confessione catartica. È cioè un resoconto della propria vita – specie l'infanzia e l'adolescenza – allo scopo di di fare i conti con il proprio passato, e forse ritrovare la serenità nel presente.
La rappresentazione dei personaggi è sicuramente riuscita; essi sono cioè figure vive e realistiche, catturate nella loro umanità, e spesso miseria. Da una madre buona e di buona volontà, ma disordinata e un po' pasticciona, ad un padre manesco e troppo geloso, però più dedito alla sorella che alla moglie. La prima, dal canto suo, nutre verso il fratello un sentimento ambiguo e certamente malsano, che suscita in lui un inconscio impulso a corrisponderla in qualche modo. Ciò si traduce nel fatto che pianta moglie e figli con relativa facilità, e si installa automaticamente in casa della sorella, la quale fa di tutto perché ci rimanga. Il padre, in generale, è colto sia in momenti di crudeltà, che di improvvisa tenerezza, oppure in momenti di una religiosità lontanissima dalla vita. Probabilmente è proprio così che Virzì ricorda il proprio di padre.
L'infanzia del protagonista e della sorella è quindi un continuo disordine, e una totale insicurezza di vita, che va dall'incertezza dell'indirizzo di casa, al caos affettivo e sentimentale. Impossibile che un bambino cresca bene in un simile contesto, ed è difficile che diventi un adulto sereno e sicuro di sé.
Gli attori sono bravi e disciplinati; forse solo la Sandrelli mi è sembrata, al solito, un po' leziosa ed ammiccante, sebbene reciti la parte della vecchia madre. I momenti riusciti ed incisivi sono molti, spesso per la loro amarezza e il loro realismo.
Un altro elemento che mi è piaciuto, è che il regista alle volte accenna solamente a certi eventi; non li mostra cioè chiaramente, ma senza per questo lasciarli indefiniti. Penso a certe scene nelle quali alcuni uomini con pochi scrupoli si approfittano della madre bella e senza marito, dove la scena viene mostrata in soggettiva, per come viene sbirciata dai bambini attoniti. In altri casi ci sono delle ellissi narrative, che però alludono ad eventi facili da intuire.
In generale, non si respira aria di TV e di fiction, ma di cinema. Il film ha giustamente lasciato un segno nel paludoso e povero d'idee cinema nazionale degli ultimi decenni. Chissà, forse proverò a guardare “Ovosodo”.
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