Regia di Jim Sheridan vedi scheda film
I remake americani di film europei sono volti (ri)vendere - a un pubblico troppo pigro per i sottotitoli e troppo schizzinoso per il doppiaggio - un prodotto già finito, da rifare quasi scena per scena. Operazioni dunque di scarso interesse. Brothers è invece del tutto eccezionale. Infatti, pur non discostandosi quasi di una virgola dalla sceneggiatura del film della Bier del 2004 – omonimo in danese ma da noi assurdamente intitolato Non desiderare la donna d’altri –, acquisisce tutto un altro valore in chiave americana. Il miracolo avviene in virtù delle aspettative spettatoriali: da un film danese, girato con uno stile su cui spira ancora il vento del Dogma 95 (uno dei protagonisti era pure l’Ulrich Thomsen di Festen), ci si aspettano scene forti e prese di posizioni politiche. Sheridan ha la saggezza di cambiare pochissimo e (ri)racconta la storia di due fratelli. Il primo, Sam, è militare di carriera, insolitamente ben interpretato da Tobey Maguire; il secondo, Tommy, è la pecora nera ed esce dal carcere proprio nei giorni in cui Sam sta per ripartire per una missione in Afghanistan. Ci sono poi Grace, la bella moglie di Sam, le due figlie Isabelle e Maggie, assai meno pazienti della madre verso le missioni all’estero del padre, e infine Hank, il padre, unico personaggio approfondito rispetto al film della Bier. Quando Sam, catturato in Afghanistan, fa cose irripetibili a un suo compagno di prigionia, anch’egli americano, ecco che le aspettative di cui dicevamo se ne volano fuori dalla finestra. Se è accaduto quel che abbiamo visto allora ogni cosa può succedere (e poco importa se accade o meno), tutto si innerva di tensione e anche la passione adulterina tra Tommy e Grace si fa autentica, palpitante. Considerato poi come la guerra in Afghanistan sia l’elefante nella stanza di Hollywood, che tende a preferirgli – e comunque in sordina - le sortite in Iraq, Sheridan e i suoi produttori hanno l’ulteriore merito di aver infranto un tabù durato troppo a lungo.
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