Regia di Jim Sheridan vedi scheda film
Il trailer è risultato un massacro per il film di Jim Sheridan. Chi é andato al cinema conosceva già tutto della storia, dall’inizio alla fine. Si aggiunga che le premesse erano: perché andare a vedere il rifacimento di un bel film (Non desiderare la donna d’altri) di Susanne Bier, uscito solo cinque anni fa? Ma solo dubbi. Perché il film di Sheridan, tranne qualche mancanza, è molto bello.
La riscrittura dello script, affidata a David Benioff (Il cacciatore di aquiloni, La 25a ora) è un gran bel risultato, per una storia che racconta di quando il capitano Sam Cahill scompare durante una missione in Afghanistan, e la sua famiglia va a rotoli. La moglie Grace lascia che la pecora nera dei Cahill, il cognato Tommy, prenda il posto del marito, rimetta a nuovo la cucina, accudisca i suoi figli. Hank, padre dei fratelli coltelli, non può soffrire la sua presenza nel sacro nido del figlio maggiore. Tommy è adorato però dalle bambine e anche Grace non pare indifferente al cognato. Nuovi equilibri si profilano all’orizzonte. Ma l'inaspettato ritorno di Sam rimetterà tutto in discussione.
Più un film sulle conseguenze della guerra, che sulle conseguenze dell’amore, in cui il ribaltamento di quello che avviene fra Caino e Abele è il risultato di sguardi, frasi sussurrate, improvvisi scoppi d’ira e graffi su un palloncino gonfiabile. Ottimo lavoro di sceneggiatura, soprattutto nell’orchestrazione dei continui crescendo, capaci di esasperare lo sguardo e intorbidire gli animi di attori e spettatori. Il regista di In nome del Padre e Il mio piede sinistro, girando una storia dove i personaggi e le loro interrelazioni sono al centro dell’azione, si avvale di un cast d’eccezione, la Portman e Gyllenhaal recitano in stato di grazia. Invece, non ha aiutato molto la scelta di fare del bravissimo Maguire il capitano, esageratamente perfetto nella prima parte del film, troppo disturbato poi, sebbene si trattasse di un ruolo non consueto, un coacervo di sensazioni: dalla rabbia, la delusione, la gelosia al dolore. Degna di nota una delle due bambine protagoniste del film, delle due quella bruna: capace di recitare con il ghigno e il semplice sopracciglio. Sono queste due bambine ad aggiungere un qualcosa in più al film, sebbene si tratti di un qualcosa vecchio quanto la storia dell’origine del mondo: all’ingenuità dello sguardo e del pensiero dei piccoli si contrappone la malafede degli adulti, che qui si sperimentano sullo stesso interrogativo: dove sono i nemici? Il dramma sta nel dubbio.
Si tratta di un film che ricorda illustri precedenti: da I migliori anni della nostra vita a Il Cacciatore, Nato il quattro luglio e C’è sempre un domani, tutti film sull’esportazione del dolore, causato dall’orrore della guerra. In cui, però, non c’è tempo, spazio e ricordo per la redenzione e il perdono.
Giancarlo Visitilli
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