Regia di Lone Scherfig vedi scheda film
La sedicenne Jenny (Carey Mulligan), nell’Inghilterra degli anni ’60 passa rapidamente dall’età dell’innocenza, quella dello studio come valore primario e dei buoni propositi, alla maturità, dopo aver conosciuto il trentenne David (Peter Sarsgaard) e la sua cricca di amici bislacchi; Jenny si fa travolgere da un turbinio di eventi di cui nemmeno conosceva l’esistenza: la volontà di perpetrare quello stile di vita fatto di party esclusivi, aste di quadri, ristoranti importanti, cinodromi , club di jazz, alcolici di livello e sigarette francesi, le fa perdere la trebisonda; la capacità di coercizione di David nei confronti degli ipnotizzati genitori di lei farà il resto…
“An Education” è un “film di formazione” la cui preponderante sceneggiatura è firmata da Nick Hornby (e da chi sennò?!?). L’autore britannico, che pare l’unico oggigiorno legittimato a scrivere di adolescenti, architetta un impianto narrativo molto intenso e scorrevole, che tuttavia, ed è il più grosso difetto del film, risulta approssimativo in alcuni punti e complessivamente fallace. Per esempio, le amiche di Jenny sono suoi meri subalterni: inebetite, non battono ciglio difronte all’involuzione della loro compagna; l’amore di Danny, terzo incomodo, non è adeguatamente approfondito; la figura della madre di Jenny è totalmente anonima e quasi superflua; dopo le rivelazioni di David, infine, il suo personaggio sparisce dallo schermo, e non lo si rivede più (nemmeno in un – doveroso – intermezzo onirico). Ma quel che più risulta inverosimile è l’arrivistico mutamento dei genitori: troppo incoerente col comportamento puritano proposto in precedenza per rendere il nuovo modus operandi veramente credibile; dalla sceneggiata napoletana per una voto non eccellente in latino, ad un inerte assenso alla volontà di Jenny di lasciare la scuola di sposare un uomo che ha il doppio della sua età e di cui non si conosce il mestiere…!
A nulla serve, nella sceneggiatura d’esordio dello stesso Hornby, il puerile tentativo, in un finale sbrigativo e senza enfasi, di far espiare le proprie colpe al rinsavito padre o alla ravveduta figlia: la frittata è fatta, il film puzza di “costruito” e le pur intense interpretazioni della brava Mulligan, di Molina e Sarsgaard passano in secondo piano. Delusione.
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