Regia di Clint Eastwood vedi scheda film
Faccio molta fatica a giudicare con un minimo di obiettività questo film, per un semplice motivo: amo gli Springboks! Conosco a memoria la magica formazione della nazionale di rugby sudafricana di quegli anni: Chester Williams, Joel Stransky, Joubert, Van Der Westuizen e soprattutto il mitico pilone con la bandana Kobus Wiese erano i miei idoli sportivi di metà anni 90. Rivedere il drop decisivo di Stransky (che urla, al ralenti, "Joooost"), filmato da Eastwood, mi ha messo i brividi. E non poteva essere altrimenti. Detto questo, credo che il maestro Clint abbia dovuto fare più salti mortali del solito per tenere al riparo da eccessi retorici una sceneggiatura troppo programmatica, che batte all'infinito sullo stesso tasto: Mandela è stato grande non perchè ha rappresentato la realizzazione del Potere Nero, ma perchè è stato leader di bianchi e neri uniti fra di loro. Film hollywodiano, ma con misura. Clint sa bene quando tagliare per evitare quella pomposità pressochè inevitabile nel cinema "sportivo" (vedi il finale: trionfale, non trionfalistico); nella sequenza clou, ossia l'apparizione di Mandela a capitan Piennar nella visita alla prigione, Eastwood riesce a mantenere equilibrio, sobrietà ed onestà intellettuale, laddove qualsiasi mestierante hollywoodiano dei nostri giorni sarebbe caduto nel ridicolo o nel ricattatorio. Memorabile Freeman; un plauso anche a Damon. Un po' impacciate invece le riprese sul campo (a parte il drop conclusivo). E' un film che dice poche cose, ma le dice chiaramente, senza ambiguità: tutta la trasparenza di Clint Eastwood in un nuovo manifesto anti-razzista a 360 gradi, del tutto privo di qualunquismo. Un Eastwood minore, eppure imperdibile.
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