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Invictus. L'invincibile

Regia di Clint Eastwood vedi scheda film

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La recensione su Invictus. L'invincibile

di iosif
6 stelle

Invictus appartiene ad un genere molto apprezzato nell’ultimo ventennio, che è “il film molto classico di Clint Eastwood”. Caratteristiche dei film appartenenti al genere sono: essere diretti da un regista che si professa conservatore, ma trattare soggetti “progressisti”; avere una fotografia pietrosa, come se lo spettatore vedesse tutto attraverso occhi stanchi, ma sapienti, ma anche un po’ colpevoli; avvalersi di attori protagonisti che, entusiasti di poter lavorare nel film molto classico di Clint Eastwood, danno il loro meglio nell’impersonare dei caterpillar della consapevolezza; infine, una colonna sonora solo strumentale, un po’ malinconica e ripetitiva, che tace nei momenti clou e riprende subito dopo l’acme, come a dire, sì, è vero, è successo qualcosa di grosso, ma per me è normale e me ne sono appena accorta, perché sono la colonna sonora di un film di Clint Eastwood. Probabilmente scritta, almeno in parte, dallo stesso Eastwood.
 
Ecco, la colonna sonora in questo caso non m’è parsa delle più memorabili, con l’”Invictus Theme” che suona come una rivisitazione non particolarmente brillante di “'O Sole Mio”. Per il resto, il film racconta senza uno sbaffo la bella storia di Mandela presidente neoeletto del Sudafrica, che dà prova del suo genio politico nel trattare la nazionale bianca di rugby degli Springboks, in odio a tutti quelli che Mandela l’hanno votato. Nel fare della squadra un simbolo e uno strumento per un nuovo corso, invece di scioglierla, Mandela dimostra come un ragionamento puramente utilitaristico possa essere alla base di una scelta eticamente e umanamente inarrivabile, per l'istinto e il livello morale medio. 

Il film scorre fluido e senza intoppi, parabola su un uomo che, dopo aver passato l’inferno, è già diventato un simbolo e un illuminato (e, in quanto tale, trova la sua naturale incarnazione in Morgan Freeman, onnisciente per definizione). Eppure, come per altri film molto classici di Clint Eastwood, quando si parlerà di Invictus come dell’ennesimo splendido capolavoro, io me ne starò un po’ in disparte, ripensando ad un film ben costruito, ammirevole nel tema e nel messaggio (anche se non privo di qualche momento di retorica facile, come nella scena del bambino nero portato in trionfo dai due poliziotti bianchi), eppure inaspettatamente volatile, incapace di dare alla figura di Mandela una consistenza più concreta di quella radicata nell’immaginario comune,  presentandosi più come un omaggio che come un’opera che abbia davvero la forza (e la volontà) di misurarsi con uomini e tempi tanto importanti e complessi.

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