Regia di Francesco Maselli vedi scheda film
Verso la fine della sua carriera cinematografica, Citto Maselli ha rifatto, aggiornandolo ai tempi, quel Lettera aperta a un giornale della sera (1970), con il quale satireggiava l'intellettuale di sinistra italiano che lui conosceva bene, facendo parte da sempre di quella intellighenzia ciarliera e decisa a tutto pur di non passare all'azione. In Lettera aperta a un giornale della sera si trattava di un gruppo di intellettuali di sinistra che entra in crisi quando viene autorevolmente presa sul serio la loro offerta fatta al governo del Vietnam del Nord di accettarli come combattenti contro gli americani: alla fine, i nord vietnamiti mangiano la foglia, cerimoniosamente dicono "no grazie" e vincono la guerra da soli. Qui, quegli intellettuali sono tutti invecchiati: quasi quaranta anni dopo, hanno tutti occupato posti importanti, sono molto ascoltati, dalle loro poltrone hanno condotto anche battaglie storiche, come professori universitari, sindacalisti, tuttologi che non vanno mai in pensione. Uno di questi scopre magicamente l'esistenza dei centri sociali autogestiti, dove vengono svolte molteplici attività, dalle rappresentazioni teatrali all'accoglienza degli sfrattati e dei profughi. Affascinato da questo universo a lui ignoto, il professore universitario (Roberto Herlitzka) lancia l'idea di trasformare - chissà perché - il centro sociale in una "casa della cultura". E lì, giù archistar autodotati di sponsor americani e poi dibattiti con vecchi sindacalisti e nuovi adepti della sinistra di lotta e di governo. Nel frattempo, anche i giovani gestori del centro sociale, che fino a quel momento avevano tirato avanti senza farsi troppe seghe mentali, entrano in crisi e si lasciano contagiare dal "dibattitismo". Quando ci si rende conto che sarà impossibile trasformare quel centro sociale in una casa della cultura, allora si lancia l'idea di cento case della cultura in tutta Italia. Frattanto, siamo nel 2008 e fuori dai dibattiti, fuori dai centri sociali, la destra becera guidata da Berlusconi ha vinto le elezioni, approfittando di una sinistra imbelle, chiusa nelle proprie discussioni e divisa tra l'anima dei centri sociali e quella salottiera, molto avvezza a parlare e poco a fare.
L'idea di Maselli era buona, ma a me non sembra svolta come avrebbe meritato. Rifiutando, giustamente, l'ottica della caricatura, il regista non riesce ad assumere il tono della satira, che sarebbe stato adeguato all'argomento. Certo, la visione è amara, ma forse anche nella sceneggiatura c'è qualche manicheismo di troppo. E infine, fare un film del genere nel 2009, a cose fatte, puzza un po' troppo del senno di poi: Lettera aperta a un giornale della sera, sebbene verboso all'eccesso, aveva almeno il pregio di predicare prima e non dopo.
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