Regia di Francesco Maselli vedi scheda film
Un centone di ovvietà, una sinistra stereotipata sempre pronta a farsi carico di…(I care), in una visione del mondo, vecchi e giovani, nessuno escluso, che fa capire davvero chi ha fatto vincere la destra in Italia. Ma non sarà certo questo merito a raddrizzare le sorti di questo pessimo film.
Ombre rosse, ma di vergogna, e vediamo perché.
Siniscalchi è un letterato di fama, prof.universitario, intellettuale di sinistra, figura imprescindibile nei salotti che contano, casual quanto basta nel vestire, modi gentili e necessariamente un po’distratti.
Passa in edicola e cerca l’ultimo numero di Diabolik, l’edicolante gli propone MicroMega, “..quello mi arriva a casa! ” fa lui con aria tra divertita e innocente.
Una Panda sgangherata lo carica per portarlo al centro sociale Cambiare il mondo (“diamoci del tu” è immancabile a questo punto).
Segue lunghissimo piano-sequenza con passaggio su interni pieni di sacro fuoco ideale, dormitorio dal quale non si manda via nessuno, ragazze e ragazzi proprio come ce li immaginiamo in un centro sociale, cioè belli e impegnatissimi, qualcuno appena un po’ aggressivo o disperato, una scuola per cinesini e vari in cui le prime parole da imparare sono “cara” e “pace”, bar, lavanderia, un Eden, insomma, prima della famosa mela.
Non si capisce bene cosa debba fare il prof.con aria smarrita lì in mezzo, visto che c’è festa con musica e canti multietnici, per cui, quando gli danno il microfono per parlare degli “Irrazionalismi”, risponde, con quell’ affabilità un po’ snob di tanta bella intellighentja nostrana, che suonino ancora la loro simpatica musica.
Infine, abbastanza annoiato e più che altro interessato a sapere chi lo riporterà a casa, abbozza una intervista lampo, e mentre le parole sembrano formarglisi in bocca, lancia l’idea di far nascere da centri sociali come quello vere e proprie case della cultura, e qua cita Malraux di cui nessuno, lì intorno, ha mai sentito nemmeno il nome.
Le sue dichiarazioni rimbalzano sui giornali di mezzo mondo, nessuno si chiede se per caso non si stia esagerando un po’, entrano in campo altri personaggi del circo del potere, un sindacalista icona delle lotte del tempo che fu, un architetto ex sessantottino ammanicato con petrolieri del Texas che finanzierebbero felici le sue avveniristiche visioni, editori e giornalisti pienamente appagati di essere quello che sono e donne carismatiche di algida e matura bellezza, degne compagne di uomini così (ben)pensanti.
Il progetto fallirà, i giovani perderanno ogni speranza, gli anziani continueranno a sproloquiare luoghi comuni, ma sempre in salotti super accessoriati (un Marini alla parete non è uno scherzo!) mentre la destra vince le elezioni.
Il repertorio del luogocomunismo di sinistra è decisamente a buon punto.
Il colpo di grazia lo dà la scena dei clacson che strombazzano nelle strade la vittoria della destra.
Al prof. che ancora s’illude e vuol seguire alla TV i risultati (scherziamo? è tornato apposta per votare da un giro del mondo di conferenze!) la donna/intelligente/compagna/di sinistra dice, ispirata, “ma i clacson non sono della sinistra!”
Fermo-immagine, controluce, i personaggi diventano manichini inconsistenti e naufragano nell’immenso mare del ridicolo.
Nella sequenza finale, quella della speranza, i giovani, delusi e disperati per il tradimento dei padri che li hanno solo “strumentalizzati”(parola magica sessantottina che “apriti Sesamo”, al confronto, fa ridere) sapranno risorgere in un orrido casolare fatiscente da periferia romana doc, sì, di quelle dove oggi, più che altro, è pericoloso tornare a casa dal lavoro la sera, per le donne.
Questa è la sinistra che Maselli mette in campo, e passi se ci fosse un intento parodistico, ne avrebbe tutta l’aria.
Invece Maselli dà l’idea di prendersi molto sul serio.
Alla fine la sensazione è di aver visto un centone di ovvietà, una sinistra stereotipata sempre pronta a farsi carico di…(I care), in una visione del mondo, vecchi e giovani, nessuno escluso, che fa capire davvero chi ha fatto vincere la destra in Italia.
Ma non sarà certo questo merito a raddrizzare le sorti di questo pessimo film.
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