Regia di Francesco Maselli vedi scheda film
L'impossibilità di fare combaciare sogno e realtà messa in parallelo all'incomunicabilità di fondo integenerazionale; questo è tutto, Maselli passa e chiude. Il problema di questo film, poco più che televisivo come realizzazione (luci, recitazione, ambienti), è che si prende troppo sul serio, pur banalizzando continuamente; il punto di vista, vuoi per l'età del regista-sceneggiatore, è quello dei 'vecchi' (così autodefinitisi, quasi con orgoglio) e dei 'giovani' si capisce poco o nulla, e forse è tutto quello che Maselli realmente ne sa. In una parte minore, ma oltre la semplice comparsata, c'è il 93enne Arnaldo Foà: la dizione non è più perfetta, ma umilia la stragrande maggioranza del resto del cast, se si escludono ovviamente i meritevoli Herlitzka e Fantastichini. Il fatto che Maselli senta le problematiche trattate (la crisi e la disgregazione della sinistra, la scomparsa di una spinta e di una comunione culturale nel Duemila) in prima persona non è un pregio, ma un difetto: si poteva andare molto più a fondo. Inverosimile opera dagli intenti francamente poco originali: un fallimento. 3/10.
Un centro sociale romano, piuttosto popolare fra i giovani, riceve per caso le attenzioni di un ultrasessantenne intellettuale di sinistra; questi richiama l'attenzione dei media con l'idea di ricavarne un grande centro di produzione culturale: si muovono architetti, banche, politici. E nulla sarà più come prima.
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