Regia di Alexandre Arcady vedi scheda film
Adattamento del libro Iaroslav, pubblicato nel 2000 dal romanziere, sceneggiatore e dialoghista Claude Klotz (uomo di fiducia di Patrice Leconte), Entre chiens et loups è il dodicesimo lungometraggio di Alexandre Arcady (padre di Alexandre Aja), mestierante specializzato in film di genere (soprattutto polizieschi e commedie, anche combinati). In questa occasione il regista nato ad Algeri è fiancheggiato, in sede di sceneggiatura, dal figlio e dal suo inseparabile collaboratore Grégory Levasseur, ma il risultato finale, purtroppo, è piuttosto deludente.
Nonostante un incipit al fulmicotone, con una rapina ad un aereo sulla pista di decollo con tanto di elicottero da guerra, Entre chiens et loups è difatti un "polaraccio" di bassa lega salvato soltanto da alcune sequenza d'azione pregevolmente girate (il regista della seconda unità è proprio Alexandre Aja) e altrettanto efficacemente montate (accanto alla prima montatrice Joële van Effenterre scintillano le forbici del geniale Baxter). Ma al di là dei meriti tecnici (tra i quali vanno ascritte la fotografia desaturata di Alessandro Feira Chios e la musica di commento di Philippe Sarde e Xavier Jamaux) il polar di Arcady è sensibilmente deficitario sia dal punto di vista narrativo che da quello della caratterizzazione dei personaggi.
Sbrigative e schematiche, le dinamiche del racconto scivolano via senza trovare un loro baricentro (i rovelli interiori dei protagonisti? le macchinazioni politiche internazionali? l'azione forsennata?), alternando piuttosto meccanicamente quadretti dedicati ora all'una ora all'altra componente dell'intreccio. Ciò che tuttavia delude maggiormente è il disegno dei personaggi: pur potenzialmente interessanti (un rapinatore con le ore contate e un mercenario incontrollabile offrono innumerevoli varianti combinatorie), i due personaggi principali sono segregati nella gabbia psicologicistica dello stereotipo (Adrien il sentimentale scrupoloso, Werner lo sciroccato esuberante). Non diversamente va per il doppiogiochista Radman/Constantin (de Almeida), villain perfido fino all'ultima cellula, e per le figure femminili, relegate al ruolo di mogli lacrimanti e remissive (Marie, la coniuge di Adrien interpretata da Anouk Grinberg) o ridotte al rango di prostitute da eliminare clinicamente (Sonia, la ballerina del locale notturno che mette in guardia Adrien). Una galleria di cliché senz'anima, insomma.
Va un po' meglio con l'ambientazione: anche se le atmosfere non convincono a sufficienza (specialmente negli interni), le location di Bucarest e dintorni, dove si svolge prevalentemente il film, sono sfruttate con discreta incisività, ritagliando nel set metropolitano scenari adeguati per inseguimenti automobilistici e brutali corpo a corpo e riparando la fuga dei due braccati in boschi rigogliosamente verdeggianti. Quanto alla "chimica" tra Berry e Taghmaoui, benché entrambi gli interpreti non battano la fiacca, resta un'astratta formula scritta sul copione, la loro intesa non oggettivandosi filmicamente e il loro linguaggio attoriale non trovando mai un effettivo terreno di dialogo (né verbale né fisico). Appiccicate col mastice, infine, le due canzoni di Johnny Hallyday (Un monde à part e Entre chiens et loups) che incorniciano il film. Fatte salve le qualità tecniche e le aperture ambientali, una delusione cocente.
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