Regia di Marc Webb vedi scheda film
Possiamo immaginare cosa ci sia dietro l’acidula didascalia iniziale: “Ogni riferimento a persone vive o defunte è puramente casuale. Specialmente a te, Jenny Beckman. Stronza”. È lo stesso sentimento che il film alimenta con amabile ruffianeria, e che conosciamo bene: la malinconica tenerezza che si prova per una persona dal cui ricordo non sappiamo staccarci. La voce narrante si premura di dircelo: “Questa è la storia di un lui e di una lei. Ma, tanto vale chiarirlo subito, non è una storia d’amore”. Per essere più precisi, è la storia solo di lui, combattuto fra il timore e la voglia di lasciarsi coinvolgere con una come Zooey Deschanel, con quella faccia da brava ragazza che non vorrebbe mai farti del male, però te lo fa lo stesso. Così assistiamo prima alla creazione di una complicità, poi ai tentativi inutili di recuperare quella complicità perduta, infine alle recriminazioni, alle speranze di poter ricominciare e alla pacata rassegnazione; il restart del conteggio dei giorni nell’ultima scena, per quanto comprensibile in un’ottica hollywoodiana, non mi sembra necessario. La narrazione è volutamente spezzettata, si sposta avanti e indietro nel tempo, isola i singoli giorni e concentra l’attenzione sui dettagli: qual è il momento in cui qualcosa si è rotto? qual è il gesto o la parola che hanno orientato la vicenda verso una certa direzione? Da notare la significativa discrepanza fra il titolo italiano e l’originale (500) days of Summer (contenente un doppio senso: Summer è il nome della ragazza, che in italiano diventa Sole): in realtà i 500 giorni non sono quelli passati insieme dai due, che si lasciano ben prima, ma quelli in cui lei fa parte dell’orizzonte di vita di lui.
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