Regia di Tony Jaa vedi scheda film
Più veloce di Bruce Lee. Più letale di Jet Li. Più spericolato di Jackie Chan. La frase di lancio in Italia del sequel meno atteso della penisola - almeno dagli esercenti, vista la distribuzione grottesca (i romani possono scegliere tra Latina e Colleferro per vederlo) di un film del 2008 - è illuminante sul maggior difetto di questo film: Tony Jaa. Virtuoso delle arti marziali e buon attore- ha fatto commuovere persino Jackie Chan - è l’erede di una tradizione di solisti che già hanno esaurito l’interesse del pubblico e della critica per il genere. Cappa, spada, vendetta, Jaa ha deciso, con il suo maestro (e qui coregista) Panna Rittikrai, di alzare la posta. L’attore e autore thailandese ha unito più d’una dozzina di arti marziali diverse, da Indonesia, Cina, Giappone e Corea, per un racconto di riscatto nella Thailandia (pardon, Siam) medievale e feudale, su un bambino reso orfano da sicari e sopravvissuto a un coccodrillo. Viene “salvato”, iniziato a più discipline, diventa una macchina da guerra. La pellicola sembra essere solo per una nicchia di appassionati - fanatici. Per gli altri è un ben scenografato e coreografato (quella di Jaa è una danza marziale) viaggio nella noia. Da cui non può svegliarci neanche un bel calcio volante.
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