Regia di György Pálfi vedi scheda film
Film diviso in tre parti, ognuna sulle vicende grottesche dei componenti, di varie generazioni, di una famiglia ungherese.
Film eccessivo, disturbante, pieno di trovate registiche di gran pregio che lo rendono adatto a partecipare a qualsiasi mostra del Cinema, vedi Cannes 2006.
La prima parte mostra le gesta onanistico-compulsive di un militare (con labbro leporino) in un luogo (rurale) non ben precisato, dove, tra le vessazioni del suo superiore, consuma una vita di stenti in cui le uniche gioie risultano i suoi voli pindarici (osceni) tra bambinette che giocano, favole anderseniane, uccisione di maiali e adulteri (anch'essi sognati).
Nella seconda parte, il frutto dell'amore nato nella fattoria oscena (da un rapporto bestiale?) genera un essere vorace (onnivoro e maialesco) campione nella disciplina sportiva dell'abbuffata.
Eccelle in tale disciplina e sfidando i grandi campioni russi dell'epoca,sogna una medaglia olimpica.
Ama, riamato, una giunonica laida anch'essa campionessa nella 'mangiata veloce'.
Nella terza parte il figlio del (vomitatore e vomitevole) campione di abbuffata è un esperto tassidermista (da cui il titolo), ama il proprio lavoro e possiede un laboratorio pieno zeppo di animali imbalsamati.
Assiste l'infermo genitore (diventato oramai deforme e laido) causa lo sport che praticava e pratica e di cui si vanta di aver inventato una tecnica di vomito a cui ha dato il nome.
Di sicuro da ricordare per il finale, geniale, imprevedibile, autoreferenziale e compiaciuto ma un colpo secco, tra capo e collo, per qualsiasi spettatore, anche il più 'scafato' per questo genere di pellicola.
Astenersi deboli di stomaco.
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