Regia di György Pálfi vedi scheda film
Grottesco magiaro, forse da sconsigliare alle persone ipersensibili, soprattutto di stomaco. Ma indubbiamente opera fantasiosa, che probabilmente costituisce anche un'interpretazione originale e non benevola sulla storia recente dell'Ungheria, senza addentrarsi sullo scivoloso sentiero dei discorsi più direttamente partitici.
La trama potrebbe essere anche semplice da raccontare (tre generazioni di una famiglia ungherese: un nonno soldatino onanista, un figlio robusto campione di abbuffata veloce negli anni del socialismo reale, un nipote rachitico imbalsamatore), ma le poche parole usate non renderebbero giustizia alla ricchezza visiva e tematica messa in piedi da Pálfi, della quale, ma solo per darne un'idea, si potrebbe dire che sembra mettere insieme Jancsó e Ferreri, Kusturica e John Waters, in una mistura che risulta comunque visivamente moderna e contenutisticamente spunto di riflessione sulla bulimia dello sviluppo della nostra società (e non solo dell'Ungheria).
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