Regia di Robert Zemeckis vedi scheda film
Ogni volta che esce un cartone animato di un certo peso artistico/intellettuale oltre che di semplice intrattenimento (leggi: ogni volta che esce una nuova produzione Pixar) scatta puntuale la discussione se sia un film destinato agli adulti, ai bambini, o ad entrambi e in quale misura. Non manca poi chi, a fronte di una crescita dei cartoons (diciamo così) "ambiziosi", invoca un ritorno all'antico delle tradizionali animazioni costruite solo per far ridere i bambini, anche se in realtà queste non hanno mai cessato di esistere, vedi le produzioni Dreamworks, anche se, pure qui, si è cercato di iniettare una qualche blanda forma di impegno legata per lo più a qualche generico messaggio buonista-pacifista. In realtà, al di là della loro destinazione, le ultime pellicole Pixar, come è noto, attraverso un processo di progressiva maturazione e consapevolezza del prodotto, hanno elevato il cinema d'animazione a Grande Cinema, veicolo non solo di facili prediche buoniste, ma di somma Poesia, di ampia dignità letteraria, insomma hanno definito un punto di non-ritorno, o comunque una direzione (quella di una qualità culturale e intellettuale del prodotto) che è ormai un modello per chi voglia produrre cartoons moderni e degni di entrare nelle enciclopedie del Cinema, qualcosa insomma che superi le solite dinamiche del marketing e dei gadgets, coniugando l'intrattenimento con la Poesia e con la Cultura. Ho iniziato questa lunga premessa partendo dal dilemma "bambini o adulti?". Ebbene, nel nostro caso, stavolta il problema non si pone nemmeno, almeno a livello teorico, nel modo più assoluto. Nel senso che questo "A Christmas Carol" è talmente cupo, onirico, grottesco, gotico, nero, che non si vede proprio quale sia il suo lato godibile da parte di un bambino. In sostanza è la narrazione di un tetro ed inquietante incubo notturno: fate un pò voi. Ho detto "in teorìa" perchè poi, come ho avuto modo di verificare durante la mia visione, la sala finisce col riempirsi di bambini, alcuni dei quali molto piccoli, che i genitori dovrebbero evitare di far assistere ad uno spettacolo inadatto. E chi mi conosce sa che non sto appellandomi ad alcun richiamo moralista:
il problema è che ho verificato trattarsi di un film che risulta inquietante ed ansiogeno perfino per un adulto sgamato come il sottoscritto. Quindi, ribadisco, comprendo che a Natale per molti è consuetudine andare al cinema con tutta la famiglia, ma vi prego, se avete bambini diciamo sotto i 9/10 anni, EVITATE di portarli al cinema con voi. E il film com'è? bello o brutto? Beh, è un capolavoro, di tecnica e di intelligenza. Zemeckis ha prima di tutto saputo utilizzare il 3d (che ormai viene banalizzato in ogni salsa, usato anche quando non servirebbe e solo per stupire creando spesso assuefazione e noia) in maniera davvero nuova ed efficace. Soprattutto perchè è la prima volta che viene coniugato il 3d con la Letteratura (fino ad ora solo favolette e commedie animate). La vicenda è quella arcinota del "Canto di Natale" di Dickens, che il cinema ci ha già proposto in molteplici versioni (indimenticabile il "Canto di Natale di Topolino"!), per non parlare poi delle decine di trasposizioni televisive. Ma come ha fatto Zemeckis qui, nessuno era mai riuscito ad arrivare. Lui ha sviscerato l'anima del racconto, trasformandolo in qualcosa di devastante, uno spaventoso incubo horror, ma -attenzione- mediandolo con la Poesia dei sentimenti e con l'esplorazione della psiche umana e dei suoi fragili meccanismi. Posso dire infatti che la visione del film ha rappresentato per il sottoscritto una sorta di ESPERIENZA psichica, un viaggio allucinato di rara potenza. Praticamente io ero un ometto aggrappato alla mia poltroncina e, a partire da quando il vecchio Scrooge si chiude alle spalle la porta di casa ed entra dentro, sono piombato nel suo stesso buio, e anch'io mi sono messo a galleggiare nell'oscurità. Il buio della sala pareva diventare un tutt'uno col buio della stanza del vecchio Scrooge. Ed ecco quindi sopraggiungere il primo sobbalzo quando arriva il primo ospite indesiderato, il fantasma del vecchio socio defunto Marley, con la sua bocca devastata, che ogni tanto ha soprassalti d'ira manovrando rumorosamente pietre e catene. E tu, spettatore, ti senti prendere dall'ansia (non l'avresti mai immaginato con un cartoon, vero?) e, nel contempo, realizzi che sei appena all'inizio di un lungo trip allucinogeno, un incubo dal quale però non vorresti uscire perchè -banalmente- vuoi vedere "come va a finire la storia" oppure perchè quel tipo di brivido implica un'ineffabile fascinazione della paura, una macabra seduzione che ti dà anche piacere. Ma appena uscito di scena tra rantoli e lamenti Marley, si affacciano alla porta -uno dopo l'altro- i tre Spiriti destinati a rivoltare come un calzino la personalità del vecchio avaro. Ecco, occorre dire con enfasi che il modo in cui Zemeckis rappresenta queste tre figure è qualcosa di sublime, una meraviglia di intensità e di suggestione, sia da un punto di vista intellettuale-simbolico sia da un punto di vista estetico. Lo Spirito del Futuro è forse quello più legato alle convenzioni, un'ombra minacciosa dotata di artigli, ma gli altri due sono rappresentazioni talmente potenti da meritare almeno una citazione in una ipotetica Storia del Cinema. Lo Spirito del Presente è un omone gigantesco, bizzarro e lunatico, che passa da grasse risate a improvvisi gesti di imponente autorità, uno strano essere a metà tra Dio e Zeus. Ma la rappresentazione forse più incisiva, nella sua straniante ambigua enigmaticità, è quella dello Spirito del Passato, un esserino mobilissimo, dotato di una voce assurda caratterizzata da strani bisbigli strascicati, ma soprattutto recante al posto della testa una incredibile fiammella. A quel punto lo spettatore (ripeto: adulto!) è già stato sbattuto di qua e di là, in sintonia col protagonista alla ricerca del proprio riscatto morale e umano. E alla fine ci si risveglia, realizzando che l'incubo è finito, e ci attende finalmente la luce del nuovo giorno, tanto che la luce dell'alba che entra dalla finestra della stanza di Scrooge, pare rischiarare ed illuminare l'intera sala. E solo a quel punto, quando vediamo il vecchio saltellare felice per la stanza, realizziamo che ci aspetta un finale consolatorio dopo tante tribolazioni ed ansie (va bene così: è pur sempre un Racconto di Natale!). Fermo restando che di questioni tecniche non è che ci capisca molto, so solo che questa tecnica della "Performance Capture animation" era stata già utilizzata da Zemeckis in altre due produzioni: "Polar express" (che non ho visto) e "Beowulf" (che ho visto e che, a detta non solo mia, era un film trascurabile). Ebbene, Zemeckis stavolta (con questa tecnica che pare essere diventata il suo chiodo fisso) ha lavorato davvero bene, utilizzando attori clamorosamente bravi, da Gary Oldman a Colin Firth, ma soprattutto quel mostro di talento che si chiama Jim Carrey. Ora, io non vorrei innescare un processo di beatificazione (l'ultima che volta è capitato, in preda ad una mia delirante esaltazione, con Jeff Bridges) ma credo che Carrey sia un attore addirittura sontuoso. Non dimenticherò mai la prima volta che lo vidi sullo schermo con "The Mask", fu per me una folgorazione e da quel giorno iniziò la mia devozione verso il buon Jim; un'ammirazione che, dopo la visione dell'ottimo "Yes man", si è moltiplicata all'infinito. E poi c'è un uso del 3d fantastico, che sfrutta al massimo il senso della profondità, efficace ma non pacchiano. A proposito di 3d....io sono rimasto letteralmente sbalordito dal realismo dell'effetto neve: incredibile, roba che quasi ti guardi attorno per vedere se davvero ci sono tracce di neve in sala! E mi vengono ancora i brividi se penso alla raffigurazione dell'Ignoranza e della Miseria, simboleggiate da due figure mostruose, che aggiungono un motivo in più per sottrarre i più piccini alla visione di questo film. Diamo dunque atto al coraggio di un cineasta che, a costo di sfiorare l'impopolarità, ha fortemente voluto produrre il film come ce l'aveva nella sua testa: non una favoletta natalizia luccicante e ruffiana, ma un incubo di 90 minuti, una cavalcata cupa e visionaria che ci sprofonda nell'inferno per dirci quali vette di gretto egoismo può toccare l'animo umano, ma che tuttavia si chiude con l'attuazione di un esaltante riscatto morale. E badate che il messaggio che si delinea da tutto questo è molto meno banale di quanto possa sembrare, e lo potremmo sintetizzare con una frase (bellissima!) che ho letto da qualche parte: "NESSUN UOMO E' UN'ISOLA".
PS: Buon Natale.
Voto: 10
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