Regia di Neill Blomkamp vedi scheda film
Ventotto anni dopo. Sbarcati sulla Terra all'inizio degli anni 80, con intenti non bellicosi, gli alieni si erano trovati bene, perché il lato edonista degli umani ha le sue attrattive. Adesso, però, sono trattati come spazzatura e per questo rinchiusi in “centri di ultima accoglienza”, per parafrasare i nostri famigerati CPT. Non servono voli pindarici per cercare metafore: il ghetto degli alieni si chiama District 9, così come ai tempi dell'apartheid si chiamava il sobborgo dei “negri” di Johannesburg, solo con un numero inferiore (District 6). Il regista sudafricano Neill Blomkamp espande e rivisita un suo cortometraggio (Alive in Joburg) con i soldi di Peter Jackson, il quale sembra tornare alle sue prime, spericolate operazioni. Perché gli alieni di District 9 non saranno come la scimmia-vampiro di Splatters. Gli schizzacervelli, ma per fattezze (a metà tra cavalletta e gambero) e atteggiamenti, strappano più di un sorriso. Degli umani imitano il peggio, un po' come i gremlins di Joe Dante, ma è chiaro che sono le vittime. Incaricato di gestire la loro deportazione, un tizio della Multi National United resta contagiato dal dna alieno e comincia a sfaldarsi come Goldblum nella Mosca. Soprattutto, non resiste nemmeno lui al richiamo del cibo per gatti, prelibatezza ricercatissima tra i non-umani. Il film è stato preceduto da una invasiva campagna di viral marketing su Internet. In pratica, siti e blog sono andati avanti per mesi a considerare la presenza degli alieni un fatto, e non finzione. Incuriosendo il potenziale spettatore e rendendo sempre più interattiva la sua condivisione dell'evento mediatico. Era già successo con Cloverfield e, come in quel caso, alla fine anche per District 9 si corre il rischio che la montagna partorisca il topolino. Di “mockumentary” girati in pseudo presa-diretta, a metà tra il reportage e il film sperimentale, ne abbiamo visti troppi, e Diary of the Dead di Romero ha ormai detto parole definitive sul filone. È comunque efficace, e divertente, il mondo “non umano” inventato da Blomkamp, a metà tra la discarica di WALL-E e un set di John Carpenter.
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