Regia di Neill Blomkamp vedi scheda film
Devo dire che l’operazione “Apartheid 2.0” allestita da Neill Blomkamp in quel di Johannesburg non mi ha convinto granchè. Di sicuro non comprendo la candidatura all’Oscar per la migliore sceneggiatura non originale. Oh my God! E’ una scelta che mi lascia quasi sbigottito. Taluni pretesti narrativi disseminati nei primordi del film fanno cascare le braccia.
Cerco di apparire meno “eretico” (vista la marea di giudizi positivi espressi da altri utenti) con talune chiose sugli aspetti (per me) controversi del film.
Il mio pensiero corre subito alla decisione della MNU di mandare il proprio capo squadra Wikus Van De Merwe nel Distretto 9 per far sgombrare quest’ultimo dagli alieni. Orbene: è davvero possibile credere che agli alieni fosse stata regalata la proprietà del suolo dove vivevano (sì da dovergli chiedere il consenso allo sfratto)? E’ ragionevole pensare che, quand’anche avessero ricevuto siffatta proprietà, avrebbero potuto disporne così facilmente (mediante la mera sottoscrizione di un modulo neanche, da loro, intelligibile)? E’ ragionevole pensare che le esplicite minacce cui furono sottoposti onde convincerli a sottoscrivere quei moduli non avessero inficiato la validità del consenso eventualmente espresso? E ancora: è ragionevole credere che degli extraterrestri, per quanto ospitati in un autonomo Stato sovrano, non fossero sottoposti ad una giurisdizione sovranazionale (con annessa soggezione al relativo trattamento giuridico)? Ma soprattutto: come è possibile anche solo lontanamente credere che un’operazione del genere (lo sfratto di soli 1,8 milioni di alieni!!) sia stata condotta “porta a porta”, da una solo unità???
Ecco, per la prima parte del film la mia concentrazione è stata in buona parte distratta dallo scandaloso buco nero di cotanta superficialità narrativa. E mi sono dovuto chiedere se valesse davvero la pena continuare a vedere un film che - benché poggiato su altre, ben più interessanti, premesse (l’ennesimo triste episodio di segregazione razziale e di aberrate sfruttamento di una popolazione “aliena” da parte di una quota parte della civiltà “umana”, vomitosamente senza pietà; invero, a tutti gli effetti “disumana”) - sembrava prestare il fianco a falle irreparabili.
Non bastasse, la prima parte è anche quella in cui ad un’ “invadente” struttura da mockumentary (per quanto - giusta le mie limitate conoscenze - originale, si è indugiato troppo sulla ricerca di un realismo improbabile, con buona pace della suspense e di quell’entusiasmo scaturito dalla brillantezza del soggetto) corrisponde un registro narrativo beffardamente farsesco. L’ironia zelighiana (callme snake) stride, infatti, enormemente con la drammatica piega degli eventi successivi (ma forse si è trattato di una scelta voluta, onde spingerci ad apprezzare maggiormente la sorte toccata ad un emerito str**** - il protagonista Wikus - che aveva dato prova di voler adempiere al proprio sporco lavoro con vile soddisfazione).
Ad onor del vero, Blomkamp si riscatta (in parte) nella gestione, abbastanza abile, delle sequenze d’azione che animano tutta la seconda parte e, soprattutto, nella gestione della fase dell’ “ibridazione” del protagonista, che da inetto, abietto burocrate si trasforma in un’agguerrita macchina da guerra, prima (musica per le mie orecchie), ed anonimo, misero alieno, poi, ma, così facendo, finisce per perdere di vista la cornice tematica (di indubbio pregio, quanto, nondimeno, prevalentemente confinata nell’empireo delle buone intenzioni) in cui si inserisce la tragedia personale di Wikus (e, con lui, dell’intera popolazione aliena).
2 stelle e ½.
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