Regia di Otto Preminger vedi scheda film
Il primo e unico western di Otto Preminger.
In uno scenario dominato dalla spasmodica corsa all'oro, si intrecciano le storie di un baro, di un colono (Mitchum) e di una cantante da saloon (Marilyn). Il fulcro tematico della pellicola è il disinteresse verso il passato dei protagonisti, il che è anche una riaffermazione di uno dei motivi fondanti del western all'americana. I crimini passati del colono Mitchum saltano fuori quasi per caso, e non hanno un particolare seguito, se non nella risoluzione finale. E Marilyn accenna più volte a un vissuto tumultuoso e di stenti del suo quasi marito, il baro, villain della storia. Ma quel vissuto non viene mai sviscerato. Il western all'americana è giocato sul presente, sull'oggi, sull'istante: quando si ha un fucile puntato addosso, tutto il resto scompare, sul piatto rimane solo la stretta attualità del momento. Qual era la ragione profonda del malanimo di John Wayne verso gli indiani in Sentieri selvaggi? Perché gli indiani attaccavano le diligenze in Ombre rosse? Fatti, situazioni, memorie che nel western ortodosso all'americana generalmente non importano: assumeranno invece un valore specifico negli spaghetti all'italiana, con flashback ampi e circostanziati. Della stessa Marilyn le sue esperienze passate, verosimilmente di prostituzione, permangono un mistero, e lei se ne disfa metaforicamente a fine pellicola gettando sulla strada le sue scarpe rosse col tacco.
Con una sceneggiatura non fortissima e impostagli per motivi contrattuali, il maestro del noir Preminger congegna il suo unico film western senza colpi di genio, giocando sul sicuro, su stilemi protofordiani. Indiani cattivi, sequenze mozzafiato sulle rapide del River of no return, affascinanti donzelle. Chiaramente la star assoluta è Marilyn, che non recita la parte della pupattola svampita, ma mostra affilati artigli quando serve. Il suo ruolo è così preminente da oscurare il pur bravo Robert Mitchum. Non è certo uno dei migliori western di sempre, perché incastrato in infime logiche di produzione, non è un lavoro illustrativo del talento premingeriano, ma un film con Marilyn è sempre un delitto perderlo.
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