Regia di Otto Preminger vedi scheda film
“Love is the travel of the river of no return” recitano i versi della canzone che fa dal sottofondo sonoro alla storia ma fornisce in originale anche il titolo al film, perché è proprio il fiume, infido e impetuoso come i sentimenti dei due protagonisti ) qui in particolare combinazione alchemica, il vero protagonista della pellicola.
Per “La magnifica preda” di Otto Preminger io sto decisamente dalla parte dei francesi che a differenza della critica italiana, singolarmente molto controversa sull’argomento (basta raffrontare gli antitetici giudizi dei due più quotati dizionari in circolazione - il Mereghetti e il Morandini - per rendersene conto), ha sempre tenuto in particolare considerazione, spesso osannandola, quest’opera significativamente fondamentale nel percorso creativo non solo del regista, ma anche dei suoi interpreti. Preminger utilizza il genere "western" per riproporre l’ennesima “variazione sul tema dell’attrazione e dell’innamoramento” frequentemente ricorrente nella sua filmografia, ed estrinsecabile attraverso “quelle sinuose marce di avvicinamento progressivo” dell’uomo verso la donna (e viceversa), qui assimilabili più del solito, anche visivamente, con le anse ribollenti e limacciose di un torrente in piena”.
“Love is the travel of the river of no return” (l’amore è il viaggiatore del fiume senza ritorno) recitano i versi della canzone, che oltre a rappresentarne il sottofondo sonoro della storia, fornisce in originale anche il titolo al film, perché è proprio il fiume, infido e impetuoso come i sentimenti dei due protagonisti qui in particolare combinazione alchemica, il vero “personaggio principale” su cui si accentra l’attenzione del regista, magnificamente “fotografato” nella inedita, sontuosa visione orizzontale resa disponibile dall’uso del Cinemascope che Preminger ha saputo sfruttare al massimo delle sue possibilità espressive come poche altre volte è accaduto con la stessa incisività poetica. L’uso del trasparente (“back projection”) è frequentissimo nei primi piani sulla zattera, ma non disturbante, nemmeno a una visione attualizzata che esaspera l'elementarietà naive delprocedimento utilizzato, ma lo rende proprio per questo ancor più intrigante e coraggioso, quasi artigianale, perchè capace di farci “vivere in diretta” le stesse emozioni dei personaggi della storia, quasi fossimo anche noi sopra quelle assi traballanti sbattute dalle correnti fra le rocce.
Preminger ha saputo dare qui a Marylin (dopo “Come sposare un milionario”, “Niagara” e “Gli uomini preferiscono le bionde”, ma prima di “Quando la moglie è in vacanza”) la dimensione del mito, consentendole peraltro di interpretare un personaggio “vero” e concreto, umano e fragile, dolce e vulnerabile (un ritratto a tutto tondo incomprensibilmente odiato dall’attrice – davvero poco tenera con la pellicola - che considerava il peggiore esito della sua carriera) ma al tempo stesso capace di innalzarja al ruolo di icona irraggiungibile, intramontabile e assoluta, del nostro immaginario erotico: ancora una volta una sciantosa canterina, una delle tante donne semi-perdute piene di cuore e di sentimenti delle quali sono zeppi i saloon di quella mitologia cinematografica che Hollywood ha immortalato e universalizzato- Lo studio del carattere è però profondo e articolato ed esmplare l’esplorazione della psicologia , tanto da farne un personaggio indimenticabile, sorretto da una delle più complete e mature interpretazioni dell’attrice, checché ne abbia pensato l’interessata.
Può essere solo un attimo, un fugace e indimenticabile flash stigmatizzato in quell’apparizione sublime che si staglia indelebile nella mente e nel ricordo di un corpo mai più così splendente, restituitoci nel pieno del fulgore opulento delle sue forme burrose e calde esaltate dal corpetto rosso fiamma che le avvolge, da quelle calze a rete nera che fasciano le sinuose gambe senza fine ma sufficiente per suscitare attrazione e desiderio mentre intona a mezza voce “One Silver dollar”. Un flash ed è subito Marylin, più bella e desiderabile di sempre... il personaggio e la leggenda insomma (qualcuno lo ha già sottolineato prima di me, ma non ricordo chi: so solo che ho già letto da qualche parte qualcosa di simile), sul quale indugia con un'insistenza al tempo stesso vogliosa e pudica il caldo sguardo di Preminger accarezzandone i capelli dorati, le labbra turgide, i seni prorompenti sotto la camicetta scossa dal vento fra le onde spumeggianti; si trattiene incantato sulle sue scarpette rosse e dorate dell’ultimo indimenticabile costume sulle note strimpellate alla chitarra del motivo conduttore: “Love is the travel of the river of no return”; si sofferma immobile sulla polvere bruna della strada segnata dalle ruote dei carri e delle diligenze, dove lei, alla fine – e il film non poteva che concludersi così - le abbandonerà per sempre immortalandole nel ricordo. La magnifica preda è ormai stata conquistata ma rimarrà indelebile per sempre nel nostro immaginario.
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