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Toy Boy - Un ragazzo in vendita

Regia di David Mackenzie vedi scheda film

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La recensione su Toy Boy - Un ragazzo in vendita

di alan smithee
6 stelle

Singolare e per nulla scontata trasferta statunitense per il britannico (fino ad ora pure nello stile) David MacKenzie di Follia, qui impegnato con un prodotto solo apparentemente giovanilistico ed un attore, Ashton Kutcher, che ha fatto della frivolezza il suo cavallo (spesso zoppo) di battaglia; per tali due motivi il prodotto potrebbe prematuramente venir classificato un po’ frettolosamente come “filmetto” per ragazzi (anzi meglio "ragazze" visto che l'animale da esibizione e' un maschietto) con l’ormone in circolo, ma che tuttavia a mio giudizio presenta qualche interessante spunto tra i suoi (non molti ammettiamolo) punti di forza.
Los Angeles oggi: nell’immensa valle assolata e spoglia che costeggia la metropoli, luogo anomalo naturalmente anche poco ospitale che comunque e’ riuscito - grazie agli studios e al potere divistico dell’immagine di chi e’ riuscito a farsi strada nel mondo delle celebrita’ -  a diventare uno dei luoghi piu’ esclusivi e opulenti al mondo, un giovane playboy sfrutta l’avvenenza regalatagli da una madre natura in vena di creazioni statuarie ben compiute, per sedurre e conquistare il cuore di donne, meglio se piu’ mature e magari ricche, per poter vivere al loro servizio, godendo degli agi e del benessere occorso per diritto di successione familiare o anche grazie a singole capacita’ personali. Il suo intento e’ conclamato dalla sua voce narrante, che ci segue in tutta la vicenda quasi a confutare cio’ che accade a questo gigolo’ apparentemente frivolo, godereccio, e consapevole delle proprie capacita’ irresistibilmente coercitive nei confronti delle sue “vittime”. Tra queste un celebre avvocato (la ritrovata Anne Hecke, qui femme decisamente attraente che fa dimenticare i suoi precedenti ruoli di donna delicata, diafana, spesso scialbina, grazie ad una prorompente carica sessuale da donna dura, sicura di se’ ma estremamente sola e insicura) presso cui si installa (la sua villa “da cinema” sulle alture hollywoodiane appartenne a Bogdanovich…”chi?” - chiede un’amichetta al protagonista….”ma che ne so…” risponde lui).
Tra una festa e un party organizzato all’insaputa (ma non troppo) della padrona di casa, che si ribella ma finisce sempre per cedere all’atteggiamento sbruffone e ruffiano del ragazzo, il nostro protagonista incontrera’ pure una donna tosta,  giovane, attraente e molto simile a lui che sapra’ tenergli testa come nessuna era riuscita fino a quel momento; finche’ la ruota degli eventi si capovolge e il playboy, finalmente disgustato da un mercato della carne dove tutto si misura in biglietti banca puzzolenti e marci e seni rifatti, si ritrova a consegnare cibo a domicilio e a venir accolto proprio da chi lo ha sostituito nel ruolo di bambolotto da intrattenimento.
Piu’ amaro di quanto non appaia nella sguaiatezza di alcune situazioni, il film mostra senza troppe remore anche atti sessuali acrobatici di sesso patinato che paiono tuttavia perfettamente consoni all’ambiente esagerato e sopra le righe in cui trovano appropriata ambientazione. Per Kutcher se vogliamo e’ il ruolo della vita, che forse (a essere cattivi) non si distanzia neppure molto da quello reale di (ex) marito bambino della diva matura, scaltra ma totalmente dipendente dalla sua presenza di oggetto superfluo e al tempo stesso irrinunciabile, tanto da renderla la donna sofferente ed inconsolabile che le pagine del gossip piu’ becero ci hanno puntualmente e impudicamente documentato.



 

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