Regia di Fritz Lang vedi scheda film
Un anziano astronomo, emarginato dalla comunità scientifica per aver favoleggiato l’esistenza di montagne d’oro sulla Luna, vive in una misera soffitta. Due suoi allievi, rivali in amore, ne hanno proseguito le ricerche e hanno costruito un razzo per raggiungere la superficie del satellite; ma una misteriosa organizzazione americana progetta di sfruttare i ricchi giacimenti auriferi che si prevede di trovare. A una prima parte fatta di intrighi e pervasa da un senso di oscura minaccia subentra una seconda parte completamente diversa, che resetta la precedente: si può dire che siano due film giustapposti, uno più tipicamente langhiano e l’altro “un omaggio all’Ottocento, a Jules Verne e soprattutto al pioniere George Méliès” (Stefano Socci). Il racconto del viaggio e dell’esplorazione della Luna esibisce infatti un immaginario che oggi non può non fare sorridere nella sua ingenuità: sarebbe lungo elencarne tutti gli elementi, dal modo assurdo in cui viene formato l’equipaggio (c’è spazio pure per un clandestino) all’ingegnoso espediente per ovviare all’assenza di gravità nella navicella (lacci fissati al pavimento per infilare i piedi). Ma il livello si risolleva in un finale inaspettatamente e forsennatamente ultraromantico.
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