Regia di Francesco Gasperoni vedi scheda film
State alla larga da questa sottospecie di horrorino nostrano recitato in inglese con un cast quasi interamente formato da esordienti (mentre l’unico italiano, Antonio Cupo, è un habituè delle fiction televisive). Parla di un gruppo di amicotti in vacanza in Marocco in jeep. Ad una di loro, appassionata di fotografia, viene rubata la macchina fotografica così, giunta in un villaggio, scova un negozietto fatiscente dove un uomo misterioso (Armand Assante, ve lo ricordate come Ulisse nello sceneggiato di una decina d’anni fa?) le regala una vecchia Polaroid degli anni ‘60. Giunti nel bosco per accamparsi però si accorgeranno che tutte le persone ritratte da quella macchina finiranno per morire una ad una.
Se questo deve essere il prezzo per riavere il cinema di genere in Italia allora fermatevi, vi prego! Una sceneggiatura rozza e banale, una realizzazione semi-amatoriale scandalosa, una recitazione che lascia interdetti, un finale da panico (con l’inutile spiegone più lungo della storia dell’umanità!)… Non si può neanche definire un horror questoSmile visto che la paura non esiste (lo dice anche Tiziano) e nemmeno si tenta di giocare la carta dell’eccesso di “schifo” come vorrebbe la recente deriva torture del genere. Spesso gli ammazzamenti avvengono addirittura fuori campo, denotando una totale mancanza di coraggio e di inventiva dello scrittore e regista Francesco Gasperoni, che si lascia andare ad ogni possibile “virtuosismo” tecnico tipico dell’esordiente con inquadrature imbarazzanti, gru e chi più ne ha più ne metta. Il vero orrore qui è il film stesso, che ha avuto tra l’altro il sostegno del Ministero per i Beni e le Attività culturali.
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