Regia di Chris Weitz vedi scheda film
Ancora storditi dal clamore suscitato dalla prima apparizione, ed impegnati nel tentativo di rendere giustizia alle qualità cinematografiche del primo capitolo della saga ( opera seminale o fenomeno di costume), “Twilight” gioca d’anticipo, e satura il mercato con un secondo capitolo, che, se non aggiunge nulla rispetto a quanto già visto in precedenza, almeno aiuta a capire qualcosa di più a proposito degli eroi che ne hanno decretato il successo. Se infatti “New Moon” non fa un passi in avanti rispetto all’evoluzione della storia, a meno che non si voglia prendere sul serio l’espediente che fa scomparire per gran parte del film il protagonista principale, permettendo a Bella di tormentarsi per quasi due ore sulle differenze tra l’amore ed amicizia, dal punto di vista fenomenologico il film lascia ampio spazio all’approfondimento dei caratteri, rivelando cosa si nascondeva dietro ai silenzi siderali ed ai comportamenti trattenuti del primo episodio: dopo la visione del film verrebbe voglia di riprendere l’antico adagio è decretare “sotto il vestito niente”, ma per motivi di principio, o forse perché, fino a prova contraria, crediamo sempre alla buona fede delle persone, proviamo ad argomentare, dicendo che il quadro psicologico ed emotivo dei protagonisti spazia tra un anaffettività appena giustificata dai rimorsi di coscienza (nel caso di Bella bisognerebbe parlare di vere e proprie allucinazioni) ed un atavica indecisione, che gli autori vorrebbero rivestire con i canoni di un dolente romanticismo, molto vicino a quello che affliggeva il Werther goethiano, ed invece finiscono per banalizzare con un narcisismo che, soprattutto sul versante maschile, sembra essersi definitivamente appropriato di un estetismo che non è più esclusivamente femminile, ma anzi, dovendo giudicare dallo stile di Bella, jeans e maglietta sempre indossati e mai un centimetro di pelle scoperta, a differenza dei suoi innamorati, sempre pronti ad esibire ogni centimetro del proprio fisico, è diventata la prerogativa principale di quello maschile. Lungi dall’essere motivo d’unione, la bellezza in tutte le sue sfaccettature (Androgino/Bella, Effeminato/Edward, Virile/Jacob) diventa nell’impossibilità di soddisfare il piacere, il volano di un dolore che isola e rende infelici. E se è vero che lo spettatore ama ricoscersi nei personaggi di finzione, dovremo credere che l’importanza di film come “New Moon” consista soprattutto nella capacità di indicare “a che punto è la notte” e qual è la direzione verso cui stiamo andando: il cinema come opera d’arte cede il passo alla sociologia, diventando la cartina di tornasole di una gioventù in bilico tra un inaspettato conformismo (il matrimonio sembra essere uno dei punti di arrivo dell’intera saga) ed un erotismo che sfiora l’indicibile -dal punto di vista anagrafico l’unione tra Edward e Bella sarebbe improponibile, mentre è altrettanto chiara la tendenza promiscua della protagonista attratta da entrambi i suoi pretendenti- e che per questo può essere solo pensato. Ma senza scomodare il relativismo dilagante e confortati dall’annuncio di altri due capitoli della saga vampiresca, il primo dei quali diretto da David Slade (30 giorni di buio), uno specialista del genere, ci sentiamo di affermare che i conti vanno fatti solo alla fine e che il film in questione potrebbe rappresentare nella sua inconsistenza, il cavallo di ritorno di un successo inaspettato e forse non ancora digerito.
Non ci sono commenti.
Ultimi commenti Segui questa conversazione
Commenta