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A Serious Man

Regia di Ethan Coen, Joel Coen vedi scheda film

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La recensione su A Serious Man

di laulilla
10 stelle

Riflessione quasi divertita sugli interrogativi a cui tutti gli uomini, in ogni tempo, hanno cercato di rispondere, con la religione, con la filosofia morale, o con la ragione. Qual è il senso del nostro esistere? Il bene e il male in che modo sono distinguibili? Davvero la scienza ci aiuta a migliorare la nostra esistenza?

 

Il protagonista Larry Gopnik (Michael Stuhlbarg) è un serio insegnante di fisica in un Ateneo del Mid West americano, di cultura yddish per tradizione familiare, ma fondamentalmente agnostico, privo di appartenenza religiosa, sul cui futuro professionale sembravano addensarsi le oscure minacce di alcune lettere anonime.

Le sue laboriose dimostrazioni matematiche dei fenomeni fisici erano ascoltate dagli studenti sonnecchianti, uno dei quali gli aveva apertamente manifestato il proprio dissenso: riteneva che la fisica dovesse limitarsi alla pura descrizione dei fenomeni e che perciò fosse del tutto separabile dalla matematica.
Nella matematica, invece, secondo Larry, si trovava la spiegazione razionale dei fenomeni stessi, se non che, al termine dei suoi astrusi calcoli, il principio di indeterminazione si imponeva regolarmente, quasi a dispetto dell’intera costruzione razionale così ostinatamente perseguita.

D’altra parte la vita stessa  si incaricava di contraddire il povero professore: le sciagure si accumulavano su di lui, che era uomo onesto, incolpevole e incapace di fare del male: la sua famiglia non stava più insieme; i suoi parenti lo mettevano nei guai e, nel momento di maggiore disperazione, quando aveva deciso di rivolgersi ai rabbini, cioè alla più alta autorità religiosa della sua comunità ebraica, ne aveva ricavato risposte banali e ambigue, nulla che gli indicasse il senso o la direzione della propria  vita, ormai priva di bussola.


Quando, per una serie di eventi fortuiti, tutti i guai di Larry erano sembrati risolversi, alcuni inquietanti segnali esterni lo avrebbero ripiombato nell’incertezza del futuro e della sua stessa vita: l’indeterminazione sembrava essere, dunque, la cifra non solo dei fenomeni fisici, ma anche quella dell’esistere.
In questa incertezza di ogni riferimento, stava perdendo valore qualsiasi sistema morale fondato sulla distinzione fra bene e male, perché, spesso, ciò che Larry aveva ritenuto un bene, si era rivelato deleterio, mentre ciò che aveva ritenuto un male si era rivelato utile e necessario a risolvere molti problemi, forse non i suoi; certamente quelli di chi più di lui necessitava di soccorso e di aiuto.

 

 

 

 

Questa è, secondo me, anche la ratio del prologo del film, in cui i protagonisti, che ricompariranno nel corso della narrazione con ruoli diversi e forse più complessi, interpretano una vicenda apparentemente più oscura, che poco per volta scopriremo essere una specie di falsariga della storia che seguirà, e che si conclude anch’essa con l’indeterminabilità del vero e del falso, del bene e del male.

Chi è il Dibuk? E’ davvero morto o è vivo? La donna che lo ha colpito ha fatto bene o male?

 

Rimane indimenticabile il linguaggio lieve col quale le domande metafisiche diventano racconto intelligentemente ironico e incalzante, che tiene sveglia la mente dello spettatore, ma parla anche al suo cuore, sollecitandone la pietosa compassione per Larry e per se stesso.

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