Regia di Ethan Coen, Joel Coen vedi scheda film
L’ironia, per i fratelli Coen, è genio distruttore di ogni speranza, demolitore di ogni appiglio logico che fornisca una chiave di lettura della Storia. Se ci sentiamo protagonisti della nostra vita è solo perché, dalla nostra prospettiva, ci vediamo come il punto verso cui si dirigono tutte le contraddizioni; uno degli innumerevoli finti centri dell’universo in cui si incrociano le traiettorie di nonsensi e controsensi. Quanto ci accade è ciò che transita di lì per caso in quel momento; se sceglie noi come bersaglio è soltanto affar suo, e non ha alcuna relazione con quello che sappiamo o che pretendiamo di poter dedurre. Le coincidenze non sono indizi di alcunché, i presunti miracoli non contengono rivelazioni, perché l’entità che determina gli eventi non li confeziona certo in funzione nostra. E se pur qualcuno, da lassù, opera pensando a noi, lo fa in un modo inaccessibile alla nostra comprensione. Del resto la verità è nei fatti, e non nelle nostre individuali interpretazioni; è la sequenza delle cose che succedono, non la congerie dei pensieri, degli incubi, delle speranze e delle illusioni che ci frullano disordinatamente per il capo. Inoltre, se è vero che la cabala è il linguaggio divino, è irragionevole pretendere di poterla decifrare: i segni appaiono impressi sulla faccia della Terra, ma non ci è dato di conoscerne il significato. Non c’è criterio umano abbastanza raffinato per poter classificare adeguatamente una realtà così complessa, o definire il carattere sfuggente delle nostre vicende personali; non esistono, ad esempio, momenti felici o infelici, circostanze fortunate o sfortunate, perché gli opposti convivono costantemente, come in un ologramma, determinando istante per istante un quadro mutevole e confuso. Non esistono risposte univoche e definitive, né vere e proprie soluzioni: la misteriosa alchimia del cosmo si rifiuta beffardamente di essere imbrigliata in formule scientifiche o religiose. A Serious Man è un brillante saggio narrativo sull’indeterminatezza, sapientemente calato nella cultura ebraica ortodossa, con l’intelligenza del dubbio e del realismo. Il suo discorso sull’indecidibilità è efficacemente introdotto, nell’antefatto, dall’episodio relativo al vecchio Treitle Groshkover (di cui è impossibile stabilire sperimentalmente la natura di uomo o di spirito maligno reincarnato); ed è ripreso, successivamente, dal riferimento al gatto di Schrödinger (un noto paradosso della fisica quantistica). Il contenuto di questo film è dunque un messaggio educativo un po’ sui generis, che, una volta tanto, è un universale invito alla rinuncia; volerci appropriare degli avvenimenti, per giudicarli, influenzarli o anche solo farceli piacere è, in ogni caso, una infruttuosa forzatura, perché essi fanno parte del nostro modo di essere nel mondo, ossia di ciò che noi siamo, e che, naturalmente, non spetta a noi modificare.
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