Regia di Ethan Coen, Joel Coen vedi scheda film
I fratelli Coen fin dal loro primo film stanno sfogliando la cipolla universale per arrivare, lacrimanti, a quel nulla che sempre di più si sta definendo come nocciolo primordiale dell’essenza umana. Uno spaventoso buco nero in continuo rimbalzare tra repulsione e attrazione contro altri buchi neri. Poi uno più grosso ne fagociterà uno più piccolo e così via, fino a che ne resterà uno solo, enorme concentrato di dolore ripiegato su se stesso e dalla massa atomica talmente elevata che neppure i sogni riusciranno a manifestarsi.
Motore di questa selezione è la sfortuna, la sorte ria che non lascia scampo ne’ spiegazione in un contesto sociale di idiozia diffusa, compatita e assolta da ogni colpa da un mal comune mezzo gaudio ormai assurto a condizione lenitiva autoindulgente delle nefandezze quotidiane.
Il sospetto è che il professor Gopnik sia una cipolla ancora con qualche strato di coscienza, un piccolo buco nero tra voragini sbraitanti e ottuse in procinto di farsi divorare.
Un microcosmo ritorto su se’ stesso, la comunità ebrea americana, è il teatro di guerra in cui si svolge e termina la vita del professore integerrimo e logico, dai bei modi e da una moralità saldamente ancorata ad una dignità sconosciuta ai più. Un uomo normale, un uomo serio.
Un Truman ficcato in uno show di crudele bellezza il cui Dio o Hashem a dir si voglia sembra essersi stancato di lui, o che perlomeno si sia arreso alla maggioranza demenziale che si ritrova a dover governare.
E' un racconto asciutto e prepotente, A serious man, scudisciato da un’ironia yiddish leggera e dissacrante insieme che denuda le pretestuosità di una società arcaica ancorata su simboli ormai svuotati di qualsiasi significato, ritratti di riti goffi e pomposi officiati da anziani rincitrulliti che ripongono speranze nelle nuove generazioni appiattite in un nulla intellettuale sconcertante.
Rispetto a Burn after reading, nel quale si rideva grasso dei personaggi grossolani e semisenzienti totalmente inadeguati alla vita sociale, in questo ultimo film il sorriso si stempera nell’amaro constatare di come anche su un’architrave sociale fondata sulla sapienza, la fede e la cultura prevalga il male, la stupidità e la prevaricazione usando quella sapienza quella fede e quella cultura come scuse puerile per esercitare il proprio meschino interesse o per conservare il potere in seno alla comunità.
Tesi semplice eseguita da una partitura impeccabile, i Coen hanno raggiunto una capacità di scrittura dei personaggi e un meccanismo narrativo estremamente efficaci. Il grottesco sottolineato dalle consuete inquadrature sghembe e ai primi piani distorti dei volti dei protagonisti viene stemperato dalla pulizia della messa in scena e dal sottotesto del non detto. Il nonsense ironico acquisisce statura mitica in cui il “mistero”, che sia una busta piena di soldi materializzatasi sulla scrivania dell’integerrimo professore in un maldestro tentativo di corruzione o la mano dell’Altissimo che stronca con un infarto il superesperto avvocato proprio mentre sta per risolvergli un problema, deve essere accettato senza spiegazione alcuna poiché le spiegazioni dei tre rabbini consultati per esorcizzare la sfiga atomica del professore, risultano essere rispettosamente criptiche per lui, membro osservante della comunità, maldestramente idiote per noi spettatori in sala.
Larry Gopnik sembra l’ultimo uomo sulla terra del racconto di Richard Matheson, l’unico savio che si ritrova ad essere considerato alieno, il diverso. La normalità dell’idiozia è la base sulla quale i Coen erigono le loro cattedrali di grottesca cattiveria e critica verso il mondo attuale, così il professore tradito dalla moglie, circondato da figli inetti e dal fratello genio della matematica che sfrutta il suo talento per vincere al gioco, tentato dall’annoiata e tardo belloccia vicina di casa, inserito in un contesto urbano spersonalizzante della provincia basso borghese americana dalle casette pastello e giardinetto come il villaggio di Edward mani di forbice (un altro diverso perseguitato) non può che ricevere una telefonata poco rassicurate dal suo medico curante, mentre un tornado passa sulla città.
Chiusura secca che sembra una non chiusura, silenziosa e misteriosa. Una cosa che va accettata come i personaggi del film accettano il “mistero” come guida per la loro vita. Fine che rimanda alle chiusure di Non è un paese per vecchi e Burn after reading, nessuna spiegazione, nessun finale risolutivo, nessuna concessione al conciliatorio poiché non c’è nulla da conciliare e nulla da spiegare a parole, i Coen da sempre rifiutano il testo filmato per accostarsi sempre più alla leggibilità dell’immagine densa di indizi che forma il sottotesto sul quale le pedine, i personaggi, svolgono la loro funzione di martiri stritolati nel pessimismo nichilista dei due fratelli.
La sensazione che Larry sia l’ultimo uomo rimasto sulla terra a meritarsi tale appellativo è ratificata dal fatto che il film si svolge nel 1967, un’era in cui il come eravamo stava già prendendo piede ancora prima che finisse il come siamo. Forse è proprio questa la vera lettura del film, la cronaca della scomparsa dell’Homo Sapiens, dopo di lui, il buio.
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