Regia di Michael Haneke vedi scheda film
Folgorante esordio di Haneke al cinema con un film che già contiene tutti gli elementi basilari che saranno ripresi e sviluppati poi nei suoi film successivi.La cosa che stupisce di questo film è che anche se non si conoscesse il regista si riconoscerebbe subito la mano del cineasta austriaco.Uno dei pochi a raggiungere una cifra stilistica estremamente personale(e che lo contradistingue ancora adesso) già a partire dal suo primo lungometraggio per il grande schermo.Questo per dire che il suo cinema nasce già maturo,ben consapevole della propria forza concettuale e molto attento all'uso del mezzo espressivo.La cinepresa si limita a registrare la routine quotidiana nell'arco di tre anni di una famiglia medioborghese(padre,madre e figlia) con automobile nuova,villetta di proprietà,un lavoro soddisfacente.La loro facciata borghese è subito sbandierata ai quattro venti con la riproposizione di alcuni rituali comuni nella società odierna:la spesa al supermercato,il lavaggio della macchina,la sera in casa prima cenando e poi a guardare la tv quasi non dialogando.La bimba a un certo momento a scuola finge di essere cieca.E da lì si assisterà al precipitare degli eventi.Mentre la facciata borghese rimane intatta a uso e consumo degli osservatori esterni,crollano miseramente tutti i pilastri interni.C'è il collasso con frantumazione di tutti quei status symbols che accompagnano la quotidianità dall'acquario(con la cinepresa che inquadra i pesci fino al loro ultimo anelito di vita) fino al denaro(non si dimentica tanto facilmente la lunga sequenza in cui il denaro viene strappato e buttato nello sciacquone).Il Settimo Continente è l'immagine ricorrente nel film di una spiaggia con delle rocce che può essere considerata il simbolo di una paradiso edonista,un sogno,un desiderio che non sarà mai esaudito.O forse è solo una maschera dietro a cui nascondersi.Haneke con questo sua opera prima non si limita a fare una radiografia di un interno borghese.Ne compie una vera e propria autopsia piena di dissolvenze in nero.Il suo è un cinema cimiteriale,emaciato,livido che sceglie di registrare tutto cercando di aumentare la distanza da quello che si filma.Il regista sembra non esistere.Esiste solo la cinepresa,ferma che registra l'inquietudine che aumenta gradualmente partendo da piccoli particolari insignificanti.Non ha un perchè,non ha un inizio ma ha una fine.Se Haneke sembra tirarsi indietro come per non farsi contaminare dall'emozione scaturita dala materia narrativa per lo spettatore è impossibile sottrarsi al processo identificativo:le certezze che magari sono maturate dopo anni e anni possono essere sgretolate in pochi attimi ed è normale che si empatizzi quello che si vede.Nella prima parte del film si indugia sugli oggetti che accompagnano la quotidianità come per affermare che l'identità del soggetto è solo in mera funzione di quello che possiede.E una volta perso quello che si possiede( distruggendo tutto volontariamente) l'individuo non ha più ragione di esistere,davanti alla società scompare.Ma tutto è tenuto fuori campo:tutti i simboli della famiglia borghese vengono distrutti coscientemente.E ben presto si comprende che senza di loro c'è solo il vuoto.Non è necessario neanche un perchè....
la regia che si distacca così dalla materia anrrativa è un suo trademark
brava
non male
notevole
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