Regia di Martin Scorsese vedi scheda film
Ci approcciamo cauti all’isola nella nebbia, carcere psichiatrico dai contorni quantomeno inquietanti. Vorremmo immergerci nell’artificio Scorsese, avvertire noi stessi gli incubi, soggiogati dal lieve ricamo di sceneggiatura dove il nostro prevede anche un alert per lo spettatore accorto (il collega agente di Di Caprio e la sua anomala difficoltà nell’estrarre la pistola dalla fondina), come a dire “occhio che ti mischierò talmente le carte da non farti credere neanche più in te stesso”, ma la notevole dote d’avvio verrà dilapidata con cofane di fanfarate affastellate in quantitativi industriali.
Checchè se ne dica in giro, siamo lontani dai virtuosismi singeriani, mentre lì il falso viaggiava su meccanismi “solitamente insospettabili”, col Di Caprio incubato in perenne spiritazione ci si arrampica (in tutti sensi) dove solo ormai intimi scorsesiani sarebbero disposti a bersi tutto il bevibile e qualcosa oltre…
Siamo dalle parti di un’intelaiatura filmica e narrativa vista più volte, ma sempre piacevole se intessuta con arguzia e destrezza registica.
L’idea di base è buona e diligente la recitazione, ma con una storia che arranca sempre più in salita, attorcigliandosi all’improbabile fino a rimanere strozzata nei suoi stessi meccanismi perversi.
Come se a Scorsese non bastasse stupirci ma dovesse per forza andare oltre a certificarci l’incubo ed a travalicare tutti i confini del buon senso.
Il finale ci coglie strematamente provati. Testata la boriosità evolutiva avrei ormai accolto senza sorpresa anche alieni, vampiri, predators, oscure presenze, dèi arcani, cartoni animati… Ci si coglie instupiti quindi, mentre il sufflè sbraca in pizzetta…
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