Regia di Yann Arthus-Bertrand vedi scheda film
Documentario in cui ad una omogeneità sul piano visivo, dovuta alla scelta di mostrare vaste aree del pianeta sul quale viviamo attraverso riprese esclusivamente aeree, non corrisponde altrettanta uniformità a livello testuale. Una narrazione che procede per improvvisi scarti, cambiamenti di tono e inversioni di rotta.
Comincia infatti come una lezione di scienze naturali (e si tratta della parte decisamente più affascinante) volta a spiegare, con piglio didattico e tono cattedratico, le origini della Terra e della vita in tutte le sue forme (primordiali, vegetali, animali, umane) e l'armonia da sempre esistente fra i diversi elementi della Natura, per poi lasciare ampio spazio alla denuncia delle preoccupanti condizioni attuali in cui il pianeta versa e delle ripercussioni sul suo futuro a causa dell'utilizzo indiscriminato delle risorse naturali compiuto dall'uomo. Uno sfruttamento provocato da industrializzazione senza limiti, estrazione incontrollata di materie prime (petrolio e carbone in primis), coltivazioni su larga scala e allevamenti intensivi di bovini e pollame (con ingenti sprechi di acqua e cibo), deforestazione in Amazzonia e in altre parti del mondo, ecc. Le conseguenze negative di tali scelte dissennate, volte alla massimizzazione della produzione di energia elettrica e di beni di consumo e conseguentemente dei profitti, vengono pazientemente illustrate con un tono che dal professorale muta in allarmistico. I pericoli più imminenti e catastrofici sono individuati nell'esaurimento delle riserve delle materie, nell'inquinamento e, soprattutto, nel cambiamento climatico dovuto al riscaldamento globale, il quale, a sua volta, causerebbe ulteriori effetti nefasti sull'equilibrio ecosistemico, in una sorta di effetto domino dagli esiti finali imprevedibili: lo scioglimento dei ghiacciai e l'innalzamento del livello dei mari e dei grandi fiumi asiatici costringerebbe moltitudini di rifugiati a spostarsi in zone più sicure, con tutti i rischi e i problemi che l'entità di questi fenomeni migratori di massa cagionerebbe alle popolazioni. Un monito che, quando dal tono allarmistico sta per eccedere verso il terroristico, improvvisamente cambia in maniera radicale: la conclusione diventa positiva e propositiva, la previsione da nera che era sfuma verso il roseo e la fiducia nell'uomo, nella sua intelligenza e nella sua capacità di migliorare assume un tono encomiastico (se non ecumenico) che contrasta non poco con quanto elencato sino a quel momento. Inoltre si passa, bruscamente e incomprensibilmente, al racconto in prima persona fin lì mai adottato: "Io ho visto..." senza capire chi sia quell'io. Sembra quasi uno scimmiottamento, fuori luogo, del celeberrimo monologo del cyborg interpretato dal Rutger Hauer di "Blade Runner".
Difetti nella narrazione che inficiano la resa generale del documentario, ma che non scalfiscono la bellezza delle immagini del mondo visto dall'alto, come dalle nuvole o dall'oblò di un'astronave: un'effetto straniante che accomuna e uniforma tutte le diversità del pianeta - dal rosso delle sabbie africane al bianco del ghiaccio artico - per ricordarci, forse, che nonostante le differenze siamo una cosa sola.
Non ci sono commenti.
Ultimi commenti Segui questa conversazione
Commenta