Regia di Duncan Jones vedi scheda film
E' il primo film di Duncan Jones, figlio di David Jones (cioè Bowie), ma tutt'altro che uno sprovveduto. Anzi, fin da subito è chiaro che il regista esordiente punta in alto, molto in alto, volendo emulare - almeno in parte - il Kubrick di Odissea nello spazio (ma c'è anche dell'Alien di Ridley Scott). E, a dirla tutta, le atmosfere claustrofobiche della navicella spaziale, il computer di bordo che la sa più lunga dell'astronauta, la serie di incidenti e coincidenze sono tutti dettagli riusciti e perfettamente kubrickiani. Il discorso di fondo, poi, è anche qui di portata esistenziale, volendo Moon costituire una sorta di riflessione sulle problematiche inerenti la pratica della clonazione di esseri umani; ma, e questo va riconosciuto come pregio ed allo stesso tempo come difetto, il film vive una trama cervellotica dalle tante (troppe? appunto) sfaccettature, che si fa sempre più complessa man mano che lo sviluppo della storia procede. Bravo Sam Rockwell nel doppio ruolo, da apprezzare le scenografie 'sobrie' di Tony Noble; nella versione originale il computer di bordo Gerty è doppiato da Kevin Spacey. 6/10.
Sam Bell è in procinto di tornare dalla moglie sulla Terra, dopo tre anni di lavoro sulla Luna. L'astronauta, solo nella navicella, comincia però a deperire in maniera preoccupante e si ritrova di fronte ad un altro sè stesso: che cosa sta succedendo? Il computer di bordo sa la risposta, e questa risposta sarà tremenda per tutti...
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