Regia di Dennis Iliadis vedi scheda film
Rivisitazione, con significative varianti, di un classico contestualizzato ai nostri giorni. Forse più crudo dell'originale per eccesso di vendetta...
Mentre viene condotto in carcere da due agenti, il criminale Krug (Garret Dillahunt) viene liberato -mediante scontro in macchina- dalla fidanzata Sadie (Riki Lindhome) e dal fratello Francis (Aaron Paul). Il terzetto non esita a liquidare a sangue freddo -e brutalmente- i due poliziotti. Altrove il medico John (Tony Goldwyn) si trasferisce momentaneamente in una casa isolata, in compagnia della moglie Emma (Monica Potter) e della giovane figlia Mary (Sara Paxton). La ragazza decide di andare a trovare l'amica Paige, commessa in un negozio e qui fa la conoscenza di Justin. Con l'idea di procurarsi un po' di "fumo" Paige convince Mary a recarsi in casa del giovane, che in realtà è il figlio di Krug. Qui le due ragazzine vengono sorprese dal rientro anticipato del terzetto di criminali, i quali sottopongono le vittime a brutale violenza, sconfinante in stupro e delitto.
Sono gli anni della remake "mania" e un capolavoro della suspense come L'ultima casa a sinistra non poteva sfuggire al rifacimento. Tra l'altro sono anche gli anni in cui la violenza e il "torture porn" sono stati sdoganati da numi tutelari della cinematografia (con il beneplacito di Tarantino) e appaiono con maggiore insistenza anche nel circuito mainstream. È una gara all'estremo del presentabile (qui, ad esempio, spiccano l'operazione improvvisata al naso e uno dei killer sfigurato nel tritarifiuti e definitivamente eliminato con un martello) dove una regia sobria e fortemente lirica (notevoli le scene con il corpo di Mary galleggiante nel lago e insanguinato sotto la pioggia battente) non risparmia nulla allo sguardo malato della telecamera. Telecamera che si inalbera, evolve in circonvoluzioni talvolta deprimenti nel focalizzare il punto di vista dei tre molestatori (il realistico e fastidioso abuso sessuale ai danni di una diciasettenne).
Il cuore palpita, il pensiero intristisce, la mente si abbandona di fronte all'inutile sacrificio, alla inaccettabile violenza perpetrata ai danni dei più indifesi, rapiti alla vita da cinici e irragionevoli individui (attratti dal puro male, come dimostrano le espressioni di godimento di Sadie). Ecco allora che lo spettatore si ritrova a desiderare, volere fortemente, auspicare una giustizia (che ha comunque un sapore altrettanto amaro quanto il delitto) che sia inseguita e raggiunta dai "buoni". Buoni che quando si stancano di subire diventano più feroci del peggiore sadico assassino.
Ma il reboot di un capolavoro non può -banalmente- essere messo a confronto con il modello originale. Non può soprattutto quando sono passati trentacinque anni. Allora il film di Dennis Iliadis (promessa in regia purtroppo mancata) va letto contestualizzandone le sotto tracce, i riferimenti subliminali al periodo storico: la famiglia devastata dal dolore diviene evidente simbolo della middle-class americana e la cinica e spietata vendetta sembra essere specchio dell'illogica reazione (la guerra) voluta da Bush agli inizi di un Millennio molto male avviato, dove come soluzione a tutti i problemi sociali sembra essere posto unicamente un accentuato senso di egoismo, e quindi di cieco estremismo.
L'ultima casa a sinistra, versione 2009, supera per brutalità psicologica (ma pure fisica: lame che penetrano corpi, pallottole nella faccia, teste nel forno a microonde) quella del buon vecchio Craven (qui coinvolto nella produzione assieme al sodale Sean Cunningham). Stavolta i poliziotti, simbolo dell'ironia nel film di riferimento, vengono trucidati nel teso e spettacolare incipit. Pure la storia, fedele ma con qualche trovata (su Mary, che meglio è non svelare), si lascia seguire tutta d'un fiato. Siamo oltre gli anni '70 e pure oltre i '90: siamo nel momento in cui "Beautiful meets Leatherface"!
Sono ormai passati quasi dieci anni e il film è stato -ingiustamente- dimenticato. Peccato, perchè come un feroce pugno allo stomaco la visione (talvolta sofferta) apre la mente (oltre agli occhi) dello spettatore. Perchè contiene ottimi spunti di riflessione sul concetto di bene, di male, di (in)giustizia e di retorico (finto) perbenismo. E perchè ci ricorda che la violenza chiama solo altra violenza, così come il perdono -talvolta- è destinato a rimanere un pensiero puramente utopico, anelato, invocato ma realisticamente impraticabile.
Curiosità
Nella fase centrale (stupro, omicidio e susseguente vendetta) il film presenta una struttura narrativa (ma anche visiva) molto simile a quanto proposto nel rape & revenge Non violentate Jennifer e nel suo -inevitabile- rifacimento I spit on your grave.
Ottimo il Dvd targato Universal Pictures, che propone la versione uncut in una buona qualità audio (dolby 5.1) e video (1.85:1). Peccato per la carenza di extra, limitati a qualche scena tagliata, un paio di bloopers e un video promozionale di pochi minuti.
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