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Il maestro di Vigevano

Regia di Elio Petri vedi scheda film

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La recensione su Il maestro di Vigevano

di Furetto60
7 stelle

Ottimo film di Elio Petri, ispirato al bel romanzo di Lucio Mastronardi

Il maestro Antonio Mombelli, alias il mitico Alberto Sordi, insegna in una scuola elementare in quel di Vigevano, nei primi anni sessanta. Per quanto ami il suo lavoro, di cui è orgoglioso e che ritiene una “missione”, suscitando gli inevitabili dileggi dei suoi studenti, è sistematicamente vittima delle vessazioni e delle umiliazioni del suo direttore didattico Pereghi, nonché ostaggio delle ambizioni della moglie Ada, una donna frustrata e insoddisfatta, che vorrebbe vivere nel lusso, consentirsi vacanze a Parigi, sfoggiare vestiti eleganti e non si accontenta di quel poco che le può passare il marito, rinfacciandogli con disprezzo, il successo e la ricchezza che altri concittadini hanno saputo conquistare, ma Antonio segue la sua dirittura morale, aborrendo l'intraprendenza imprenditoriale, e considerando iniqua, la cinica rapacità di quelli che Ada considera “arrivati”. In sostanza è un idealista, persuaso che la cultura, sia più importante del benessere economico. Così la moglie per arrotondare le grame entrate, decide di arrangiarsi con un lavoro da operaio, ciò manda in grande crisi Antonio, che considera quel lavoro indegno per la moglie di un intellettuale, quale lui si considera, il suo unico amico e confidente è il maestro Nanini, un modesto supplente. Ma la vita si fa sempre più dura. Rino il figlio, pare aver imboccato una brutta strada, e Ada già stufa della vita di fabbrica, ma non disposta a tornare alle ristrettezze precedenti, fa pressioni sul marito, a che si industri a portare più denaro a casa. Antonio ci prova inutilmente, prima attraverso una rivendicazione sindacale, poi, proponendosi per un dopo-scuola. Alla fine traumatizzato dal terribile suicidio dell’amico Nanini, ancora una volta bocciato all’esame di abilitazione, cede alle bizze della consorte e lascia l’insegnamento, così con la relativa liquidazione, apre una piccola fabbrica di scarpe, gestita da Ada e dal cognato Carlo. Gli affari all’inizio sembrano andare bene, tuttavia Antonio che non ha la stoffa del commerciante, confida per ingenua vanità ad un ex collega, delle irregolarità fiscali, della sua azienda, cosi a causa di una malevola delazione alla Polizia tributaria, la sua nuova attività va subito in fumo. Ada e Carlo ricominceranno, aprendo un altro laboratorio, ma Antonio ne viene escluso, cosi decide di tornare alla sua vecchia vocazione, quindi sostiene nuovamente l'esame di abilitazione e ritorna a scuola. È un momento di effimera gioia, da una volgare scritta in un bagno scolastico, apprende l’adulterio della moglie, che infatti, lo tradisce con un tale Bugatti, rozzo industriale, che dall’alto della sua ricchezza spesso in passato lo aveva sbeffeggiato, giudicandolo un inconcludente sognatore. Antonio, pazzo di gelosia li segue per sorprenderli. Sulla strada di casa, però, Ada e l'amante subiscono un tragico incidente e perdono la vita. Antonio resta solo, disperato, con Rino, uno scapestrato che finisce in riformatorio e che per giunta, non è nemmeno suo figlio, come gli confessa la moglie. In autunno, riapre la scuola, e ricomincia la solita routine e lui è sempre il solito perdente

“Il maestro di Vigevano è una intensa storia drammatica, ispirata al bel romanzo di Lucio Mastronardi, ambientata da Elio Petri nel centro principale della Lomellina, la capitale dei calzaturifici, dove , centinaia di aziende prosperavano, all’epoca, sfornando miriadi di scarpe, resa con straordinaria suggestione, dalla splendida fotografia di un livido bianco e nero, che indulge in splendide panoramiche sul lungo fiume e nel centro cittadino. Il registro della pellicola è narrativo, la storia è raccontata dalla voce fuori campo del maestro, che descrive con angosciosa minuziosità, le sue disgrazie. Il regista, con sguardo severo, ci introduce nella vita della piccola provincia, fatta da piccole miserie e grettezze, tante bassezze e livore, piccole meschinità, invidie e gelosie, nello spaccato di un’Italia rurale, quella del boom economico del dopoguerra, che si stava appena affacciando al mondo artigiano e si stava lentamente aprendo all’industrializzazione, ma era afflitta da una mentalità ristretta e piccina e faticava ad emanciparsi. Si sognava guardando la televisione nei bar, perché pochi l’avevano in casa e il cinema era ancora un lusso. Alberto Sordi regalò una grandissima prestazione attoriale in un ruolo drammatico, a dimostrazione di quanto fosse versatile ed eclettico, capace di passare dalla commedia al dramma, con la solita geniale abilità, un vero e unico maestro.

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