Regia di John Hillcoat vedi scheda film
Su una Terra coperta di cenere, schiacciata da un cielo plumbeo, camminano un Uomo e un Bambino. Si respira aria di Mito, (ri)fondazione di un mondo annichilito, apocalisse nel duplice senso di fine della creazione e disvelamento delle verità più profonde, quelle da cui ripartire. Se i protagonisti si muovono in una terra desolata, elliotianamente popolata di uomini vuoti addirittura cannibali o ridotti a bestiame, non sono però in cerca di alcun Graal. La fertilità è incarnata dal Bambino stesso e il fuoco, che soprattutto il piccolo porta nel cuore, non è quello della decadenza del Sermone di Buddha, bensì il calore di una profonda solidarietà umana. L’amore paterno e filiale tra i due, custodito contro infiniti orrori e minacce, si eleva nel Bambino a compassione capace di estendersi all’umanità tutta, ai vecchi come ai ladri. Se la lattina di Coca Cola, scrive Cormac McCarthy, la deve bere il Bambino perché potrebbe essere l’ultima, allo stesso modo ogni superstite è prezioso di fronte a un’estinzione prima di tutto morale. Hillcoat si avvale (cosa che McCarthy invece evita) di espliciti riferimenti alla cristianità in una scena in chiesa, inoltre amplifica la spettacolarità drammatica di un paio di passaggi, aggiunge alcuni dettagli ai flashback e tralascia l’immagine più spaventosa del testo originale. Ciò detto la trasposizione è fedele e propone tutti gli eventi del romanzo, mancando però di reinterpretarne la gestione del tempo. Se McCarthy tratteggia con dettaglio molti piccoli gesti per coprire poi con ellissi intere giornate, Hillcoat difetta della medesima profondità di sguardo e non trova la sospensione dei lunghi silenzi: il suo mondo risulta meno svuotato di come dovrebbe e richiedeva probabilmente altro rigore, forse quello di Il tempo dei lupi di Haneke. D’altra parte il cast è perfetto, così come sono pregevoli l’accompagnamento musicale dei fidati Nick Cave e Warren Ellis e la resa visiva della devastazione. Il tutto è costato venti milioni di dollari: in ambito hollywoodiano difficilmente si poteva fare di meglio.
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