Regia di Christian Alvart vedi scheda film
Dopo il primo quarto d’ora di visione, gli spettatori più perspicaci (e manco tanto) sanno già dove si andrà a finire. Nonostante il finale piuttosto esplicito, la pellicola di Alvart ha il vanto di avere una fotografia impeccabile con le ombre che si allungano laddove il male si è radicato e i colori luminosi degli ambienti dove non si è ancora installato. Se la Zellweger c’entra ben poco con tutta la messa in scena, la piccola Jodelle Ferland è inquietante, se non al primo, al secondo sguardo. Regge l’intero film che ruota esclusivamente sulla tensione che crea il netto distacco tra il silenzio e il minimo rumore. Il motivo sonoro di base è allarmante al punto giusto da tenere viva la tensione, che a tratti rischia di sfumare. Se il soggetto è qualcosa di già visto, lo sviluppo e il connubio tra musica e fotografia, come già accennato sopra, lo rendono interessante più di quanto pensassi. Ingiuste le critiche negative verso un thriller, più che un horror, ben costruito con l’intento di sorprendere piuttosto che impaurire.
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