Regia di Christian Alvart vedi scheda film
Il caso numero 39 del titolo è quello che porta una refiosa e tutt'altro che geniale assistente sociale a fare la conoscenza di Lilith, una dolce bambina di dieci anni i cui genitori, in preda a non si sa quale delirio, tentano di farne un arrosto proprio nel forno di casa. Morale della favola : i presunti maniaci finiscono al gabbio e l' angioletto viene dato in affidamento proprio alla sua salvatrice. Attorno a Lilith però continuano ad avere luogo strani avvenimenti ed il dubbio che questa non sia proprio una santa comincia a sfiorare anche la mente della neo-mamma che da qui in avanti si troverà a passare vere e proprie pene dell' inferno. Vaglielo a spiegare ad Hollywood che sui demoni bambini è stato praticamente già detto tutto (e l' 80% solo da Friedkin) e che non c'è bisogno d'importare registi dall' Europa per aggiungere nuova linfa ad un filone che non sforna una sceneggiatura vagamente decente già da qualche anno. Invece no, continuiamo a farci del male con i vari Damien e varianti del caso. Il film dell' impotente Alvart si svolge quindi nel modo più prevedibile possibile, svelando poco alla volta la vera natura del personaggio di Jodelle Ferland che, dopo essere stata strepitosa musa per Gilliam in "Tideland", si è specializzata nel genere thriller con contaminazioni horror. La sua performance è l' unica passabile della pellicola e sempre sua è l'unica scena degna di nota ovvero la prima rivelazione durante il colloquio vis à vis con un bollitissimo Bradley Cooper. Sulla Zellweger e la sua interpretazione tutta faccine e mossette, meglio stendere un velo pietoso mentre risulta vergognosamente sottoutilizzata una presenza realmente inquietante come quella di Ian McShane. Da dimenticare in fretta.
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