Regia di Marina de Van vedi scheda film
Increduli e divertiti (in effetti cosa chiedere di più a un film?) ci troviamo ad apprezzare la baldanzosa temerarietà di questa Marina de Van, che senza alcun timore mette in piedi un racconto di trasformazione/deformazione/riformazione andata e ritorno con uno stile registico-narrativo che definire camaleontico è attenuarne la definizione. Da Kieslowski a De Palma, passando per Aronofski, Shiamalan, Nakata e chi altri: una serie di microcitazioni narrative o più spesso semplici evocazioni, con inquadrature apparentemente casuali, molto più facilmente consapevoli e compiaciute.
La storia non sta in piedi, la sceneggiatura è di rara bruttezza, la recitazione (di chiunque) penosa; eppure ci lasciamo affascinare dalla graduale trasformazione da Marceau a Bellucci (l'intermedia Marcellucci è di una mostruosità esilarante) che raggiunge il suo apice al casinò, nel quale, ormai succubi e interamente votati al microcitazionismo, quasi ci aspettiamo di udire il Semenzara esclamare "e mi tolga quella mano dal culo", e dove invece, pur senza una qualsivoglia versione di Blue Moon in accompagnamento, assistiamo alla metamorfosi di Un lupo mannaro leccese a Parigi.
Già perchè mica si risolve tutto in Francia, allora bastava la Marceau, ora invece con la Bellucci ci si fionda, così dal nulla, nel capoluogo del Salento: qui il nonsense raggiunge l'apoteosi e siamo talmente divertiti dalla sconsiderata audacia del racconto che quasi nemmeno facciamo caso che alla festa danzante quelli che dovrebbero sembrare Leccesi che ballano paiono gitani serbo-bosniaci presi in blocco da qualche ciak scartato di Kusturica. Tutto è bene quel che finisce bene comunque e, salvo l'ennesima parentesi trasfigurativa dove si cerca di mutare la Bellucci nella sorella del gobbo di Notre Dame e uno scampato, farsesco incesto, il problema delle sovrapposizioni mamme adottive/vere, fratelli/mariti, bimbe vive/defunte, Negroamaro/Bourgogne, Materazzi/Zidane, si risolverà in una definitiva, cosciente, lucida, gioiosa, liberatoria, trionfante schizofrenia. Che film.
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