Regia di Stefan Arsenijevic vedi scheda film
In uno squallido rione di periferia (Belgrado?), alcuni personaggi trascinano le loro grige esistenze e progettano la fuga da quella specie di prigione.
Questo film appartiene all'insieme di pellicole dell'Est post-comunista che rappresentano un mondo grigio, cruedele, dove delle persone conducono la loro vita precaria, e più che vivere sopravvivono. Il regista Arsenijevic non ci comunica però pessimismo e disperazione totali, perché tra questi poveretti che trascinano le loro esistenze c'è un barlume di amore, di affetto, di lealtà, e perché il finale offre una flebile e timida speranza. La tristezza trasuda da tutti i pori di ques'opera, ma in confronto ai film Bela Tarr, ad esempio, si può definire una commedia brillante.
L'ambientazione in uno squallido rione periferico, con i condomini-casermoni, gli squallidi cortili e degrado urbano per le strade ha tutto il suo valore simbolico. Quell'agglomerato è come una piccola prigione per i personaggi di questa pellicola, un luogo di sofferenza e di tristezza, da cui è molto difficile fuggire. Nessuno è realizzato o anche solo moderatamente felice: le famiglie sono sfasciate (e i figli scontano i peccati dei genitori), la piccola criminalità detta legge, i vecchi vivono nel passato, l'esistenza dei giovani è senza sbocchi. Trovo curiosi il personaggio del ragazzo e del piccolo boss di quartiere, per come convivono in loro spietatezza e durezza di cuore con squarci di affetto e calore umano. Vedere la naturalezza con la quale il ragazzo dà fuoco al chiosco perché non paga il pizzo lascia lo spettatore confuso.
La storia d'amore - se così si puo chiamare - è rappresentata con originalità, ed è come un fiorellino nato nel deserto con una goccia d'acqua, ma che è praticamente condannato a seccarsi per l'ositilità dell'ambiente. Nei personaggi di contorno la precarietà, la malattia e il fallimento sono ancora più evidenti.
Il quadro d'insieme è interessante, i personaggi hanno tutta la loro umanità, e il nichilismo viene evitato. Il film soffre solo di una leggera fiacca che lo percorre tutto; forse la regia doveva essere più attenta alla fluidità del racconto e imprimere al ritmo un andamento più solido. Un elemento che proprio non capisco, quasi surreale, è la continua leggera nevicata (finta) che percorre tutto il film. Siccome mal si concorda con lo sfondo e il cielo, è proprio una neve tirata per i capelli, anche salvando il suo valore metaforico (ma quale?).
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