Regia di Stefan Arsenijevic vedi scheda film
Vite raccolte in un fazzoletto di palazzi come nella Gomorra di Matteo Garrone. Ma non c’è Napoli sullo sfondo, c’è una Belgrado sospesa tra una delinquenza semiorganizzata e un desiderio di rivalsa, innocenza, amore. Dopo una serie di fortunati cortometraggi, il giovane regista Stefan Arsenijevic tenta di raccontare in modo personalissimo la sua Serbia oggi. Le cose sono cambiate dopo la caduta di Milosevic e, nella transizione da una società di criminali a una di consumatori, si trascinano le esistenze di Anica, Milutin e Stanislav. Anica, come tanti, è decisa a lasciare la sua terra e il boss a cui è legata. Ma l’amore è criminale, giunge quando meno te l’aspetti, bussa alla sua porta proprio il giorno della sospirata fuga. Arsenijevic mette il dito nella carne viva, senza lesinare una disperazione che ben conosce. Lo fa con freschezza, perché, in quell’ammasso di cemento che è la sua casa, si nascondono la magia e la poesia della voglia di ricostruire. Autoriale, a tratti lirico. Agrodolce come tanto cinema balcanico, saggio come quello che si muove nei territori del disagio, e che per questo sceglie l’ironia e il disincanto. In cui una risata lieve ti sorprende tra le lacrime.
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